"Appuntamento a Belleville", di Sylvain Chomet

Un esempio di cartoon adulto, dallo sguardo tagliente, che si dipana nel segno di un divertimento innocente e anticonformista

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La prima cosa che colpisce di Appuntamento a Belleville è il divertimento che Chomet deve aver provato nel mettere in scena il suo caleidoscopio di personaggi/mondi/situazioni. Il film infatti è contagioso nel modo in cui affastella invenzioni e nel suo essere totalmente refrattario a qualsiasi istanza realistica: nonostante si riagganci a un tempo ideale (gli anni Cinquanta) e a situazioni tipiche della realtà francese (il Tour de France), Belleville è un cartoon sfacciatamente onirico, disarticolato, dove i contorni dei disegni si confondono in un amalgama di figure sgraziate, grottesche, tragiche eppure umoristiche. L'intento primario in fondo è satirico e mette alla berlina un'umanità opulenta (moltissimi personaggi di contorno sono sfacciatamente, orgogliosamente, obesi) e un certo modo di vivere, cui si guarda necessariamente con tenera ironia: l'uomo comune francese che mangia zampe di rane e vive il Tour de France come un'ossessione nazional-popolare è infatti il prediletto bersaglio del caustico sguardo di Chomet; il quale ne ha però anche per l'America iperurbanizzata, al cui ingresso troneggia una Statua della Libertà obesa e che si rivela terreno di coltura per bande malavitose e disumane, che speculano sui corpi e le passioni altrui.

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In questo panorama inquietante il ruolo dell'eroe viene ricoperto da quattro vecchiette, una nonnina portoghese (Madame Souza) insieme al suo cane un po' tonto (Bruno), e tre ex cantanti di varietà (le sorelle di Belleville) che oggi si adattano a sopravvivere usando a mo' di strumenti alcuni oggetti di vita quotidiana, come un aspirapolvere, un giornale, un frigorifero. In perfetta continuità con la satira contraria all'opulenza di una società che ha smarrito l'innocenza, Chomet pone dunque al centro della scena le sue nonnette, che rimettono in circolo i simulacri del mondo in senso ludico e anticonformistico. E lascia che le stesse ci conducano attraverso un regno di linee disarmoniche, di inquadrature satolle di particolari, dove la computer grafica si impasta al disegno tradizionale in modo efficace. Dove i personaggi si esprimono unicamente attraverso le loro azioni, perchè i modelli dichiarati di Chomet sono Jacques Tati e il mimo; dove le azioni sono contrarie alle legge della fisica, perchè il disegno permette libertà impensabili nei film dal vero; e dove New York può fondersi con Montreal nell'immaginaria megalopoli di Belleville. Un luogo che ricorda anche la Metropolis langhiana (e tezukiana), ma non schiaccia i suoi abitanti, unendosi invece agli stessi in un coro sinfonico che ammalia lo sguardo dello spettatore e lo conduce lungo i binari di una storia garbata, divertente e vitale. Appuntameno A Belleville è insomma un'opera che riesce a fondere il gusto narrativo del paese (e del continente) d'origine con le finalità meravigliose cui dovrebbe essere naturalmente preposta l'animazione.


 


Titolo originale: Les triplettes de Belleville
Regia: Sylvain Chomet
Sceneggiatura: Sylvain Chomet
Direzione dell'animazione: Sylvain Chomet
Direzione dell'animazione 3-D: Pieter Van Houte
Montaggio: Chantal Colibert Runner, Dominique Brune, Dominique Lefever
Musica: Benoit Charest
Scenografia: Evgeni Tomov
Effetti: Pieter Van Houte
Produzione: Didier Brunner, Eric DeVos, Laurent Quaglio, Paul Cadieux per Les Armateurs
Distribuzione: Mikado
Durata: 80'
Origine: Francia, 2003


 

 

 

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