VENEZIA 62 – "Kill Gil (Vol. 1)" di Gil Rossellini (Orizzonti – Evento Speciale)

Un crudo documentario autobiografico, questo film di Gil Rossellini, un resoconto in diretta della malattia che lo ha costretto su una sedia a rotelle. Con le sue immagini terribili e i toni ironici, "Kill Gil” oscilla tra il disagio e la commozione, un inno alla vita che, però, non può non suscitare un senso d'inquietudine

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Difficile da definire questo film verità-documentario autobiografico del produttore e documentarista Gil Rossellini, figlio del grande Roberto e della sua terza moglie, l'indiana Sonali Dasgupta. Questo Kill Gil, girato in prima persona, con l'ausilio della sorella-attrice Isabella, è il resoconto fedele, la cronaca in diretta della lunga malattia che, sin dal novembre scorso, ha tenuto il regista in bilico tra la vita e la morte: tre settimane di coma per una setticemia da strafilococco, una serie impressionante di operazioni per porre riparo alle gravi lesioni del batterio, una degenza di mesi tra la Svezia e la Svizzera, estenuanti esercizi di rieducazione. Oggi Gil è vivo, ha superato la fase critica, ma è quasi diventato tetraplegico ed è costretto a muoversi su una sedia a rotelle. La videocamera non nasconde nulla all'occhio dello spettatore, dalle ferite alle piaghe da decubito, dalle iniezioni di morfina ai lembi di pelle strappati dalle gambe. Il corpo è l'unico e solo protagonista, un corpo martoriato, un corpo che è un incessante deteriorarsi, uno scorrere di umori purulenti, una continua lacerazione: la malattia nel suo divenire. Gil Rossellini riprende se stesso con un'ossessione ai limiti del masochismo e l'ironia del suo tono, delle sue parole e le sue citazioni stranianti (da James Bond a Mission:Impossible, per non parlare del titolo che fa chiaramente il verso a Tarantino) producono una frizione strana con le terribili immagini: più che alleggerire la visione, è come se esprimessero un distacco inumano, mettendo in moto un senso di  disagio e fastidio. Si può parlare di coraggio, di sguardo che non arretra di fronte a nulla, ma cos'altro si può provare se non una paura ancestrale, quando si vede la morte al lavoro? E sono proprie queste sensazioni a prevalere su tutto, ad imprimersi nella memoria ben più delle tante note positive e commoventi, l'ammirevole forza di volontà di Gil, la speranza di una vita di nuovo normale, la solidarietà degli amici. Per un attimo l'orrore ha preso il sopravvento…

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