“Tanguy” di Etienne Chatiliez
Lo sguardo penetrante di Chatiliez offre argutamente un
vasto campionario di pose (la sufficienza filiale verso i genitori, dato il
più elevato grado culturale) di gesti e umori flessibili in funzione di una
leggibilità della narrazione frammentaria.
L'ultima ricognizione di Etienne Chatiliez nel nucleo familiare desemantizza e decontestualizza definitivamente il trentenne per così dire "inserito". “Tanguy” infatti sintetizza il significato epocale della rivoluzione parentale, che recuperando la mentalità borghese ben disposta
solo verso i giovani azzimati, iscritti all'Università, così afasici e radical-chic verso l'ideologia da mischiarne gli stereotipi (vestiti
sbrindellati, ma cellulare Nokia all'ultimo grido imboscato nel taschino) e produttori di reddito medio-alto, aveva definitivamente sclerotizzato i
ribellismi giovanili e istituito i fondamenti di un'utopia libertaria a rovescio. Quest'ultima vede il trentenne pienamente realizzato e autarchico, solo se si trova ancora sotto la sudditanza psicologica ed
economica dei genitori. Così Chatiliez porta a maturazione nel cinema quel processo che Jean–Pierre Jeunet ha dissacrato con la struttura para-favolistica de “Il favoloso mondo di Amelie”. Un processo che, ricordiamolo, non nasce dal nulla in quanto la piatta bidimensionalità del trentenne che è adulto e adolescente al tempo stesso, aspira ad indagare l'infinita varietà dei moti dell'animo. Questi si
esplicitano nelle piccole inciviltà di Tanguy (i panni sporchi lasciati sul pavimento e non infilati in lavatrice) e nei successi accademici (il dottorato). Un'altra peculiarità della desemantizzazione del trentenne che compare in forma organica sono sempre le relazioni destabilizzanti con l'altro sesso, attraverso amplessi effimeri. Presupposti che permettono ad uno sguardo penetrante come quello di Chatiliez di offrire argutamente un vasto campionario di pose (la sufficienza filiale verso i genitori, dato il più elevato grado culturale) di gesti e umori flessibili in funzione di una leggibilità della narrazione frammentaria. Fondata su una crisi della
mediazione intergenerazionale, e della modalità attraverso cui si esplica come quella dell'apparenza borghese. Sempre descritto con una maniera clinica, che per il cinema francese è sempre più rara, visto che ammicca quello americano.Titolo originale: Tanguy
Regia: Etienne Chatiliez
Sceneggiatura: Etienne Chatiliez
Fotografia: Philippe Welt
Montaggio: Catherine Renault
Musica: Pascal Andreacchio
Scenografia: Stephane Makedonsky
Costumi: Elisabeth Tavernier
Interpreti: Sabine Azema (Edith Guetz), André Dussolier (Paul Guetz), Eric Berger (Tanguy Guetz), Helene Duc (la nonna), Aurore Clement (Carole), Jean-Paul Rouve (Bruno), André Wilms (lo psicologo), Richard Guedj (Patrick)
Produzione: Charles Gassot
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 108'
Origine: Francia, 2001