"The Hitcher", di Dave Meyers
L’elemento estraneo, il diverso, l’altro si insinua nella vita di una coppia e la trasforma, come un virus. La degenerazione del sistema immunitario aggredisce i valori, spingendo i due giovani amanti sull’orlo dell’illegalità. Remake dell’omonimo film degli anni Ottanta senza troppi fronzoli
Ennesimo remake di horror storico foraggiato da Michael Bay: qui si passa dai terrei anni ’70 di Non aprite quella porta e Amityville Horror alla decade successiva. L’originale, uscito nel 1986, era un saggio on the road sulla paranoia e l’incontro con lo sconosciuto. Un incontro che, come da copione, si trasforma in un incubo, confermando implicitamente il vecchio adagio “mai dare confidenza a uno sconosciuto”. In effetti è sempre la stessa visione un po’ reazionaria dei thriller adolescenziali, che su leggende urbane e detti popolari costruiscono il loro meccanismo di suspence quasi in funzione educativa/repressiva (come l’inevitabile uccisione delle coppie che si appartano per fare sesso negli slasher stile Venerdì 13). Qui è aggiunto però un elemento insolito: il perturbante si insinua nel protagonista e cerca di pervertirne le modalità d’azione, fino alle estreme conseguenze. Se nel capostipite il confronto era principalmente tra un ragazzo e la sua nemesi, l’aggiornamento mette di fronte l’”uomo nero” con una coppia di fidanzatini di college. I due, preso incautamente a bordo un autostoppista con l’auto in panne mentre sono in rotta per le vacanze estive, si rendono ben presto conto dell’errore. Al primo segno di violenza riescono a sbattere fuori dall’abitacolo l’uomo, ma la minaccia è solo all’inizio; l’uomo, deciso a perseguitarli sino in fondo, manovra nell’ombra per far sì che la colpa della scia di morti che si è lasciato alle spalle ricada su di loro. In questo modo i due ragazzi, messi alle strette, scivolano sempre di più verso l’irragionevole. Braccati sia dall’autostoppista che dalla polizia, devono trovare da soli gli anticorpi per resistere all’aggressione.
The Hitcher, nonostante la pedissequa ripetizione del meccanismo, funziona senza sbavature. Qualche vezzo coloristico di Meyers, proveniente dai videoclip, non stona con le location desertiche e sconfinate delle autostrade statunitensi. Il risultato è godibile, anche se non si capisce se il merito sia del faccione imbronciato, da cattivo-cattivo, di Sean Bean, o della minigonna perennemente sfoggiata da Sophie Bush (in diretta dal serial One Tree Hill). Poco importa: durata (breve) e ritmo vanno a vantaggio del film, per originalità e sviluppi meno prevedibili ci sarà tempo un’altra volta.
Titolo originale: The Hitcher
Regia: Dave Meyers
Interpreti: Sean Bean, Sophia Bush, Zachary Knighton, Neal McDonough
Distribuzione: Medusa
Durata: 84’
Origine: Usa, 2007