FILM IN TV – La donna della domenica, di Luigi Comencini

Una Torino afosa e benestante e l’ambiente in cui si svolge la vicenda tratta dal romanzo di Fruttero e Lucentini, sceneggiata da Age e Scarpelli e diretta da Luigi Comencini. Un giallo classico per un film di genere che vede un cast ricchissimo e un rispetto dell’intreccio voluto dai romanzieri. Schegge di critica sociale si addensano tra le pieghe della storia che a tratti assume i toni di una tardiva commedia all’italiana. Sabato 13 settembre, Sky Classics, ore 21.00

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Il film di Comencini del 1975 è tratto da un fortunato romanzo di Fruttero e Lucentini due autori anomali nel panorama italiano, sia per avere sperimentato la scrittura a quattro mani, non comune nel nostro panorama (e in verità neppure in quello estero), sia per avere mantenuto inalterato fino al possibile il sodalizio e sia per avere sperimentato una scrittura di genere che, in Italia, non era largamente praticata se non occasionalmente – su altri fronti Scerbanenco lavorava su temi più prettamente noir e sociali – conferendo al genere una dignità fino ad allora non attestata da romanzo di successo come fu quello dei due scrittori.

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Comencini è conscio dell’opera che ha davanti nel senso che la sua diffusione avrebbe aumentato le possibilità che egli venisse accusato di avere tradito la storia. Forse fu per questo che restò fedele al libro e il suo film, a metà tra una epigona commedia all’italiana e un giallo a pieno diritto, riesce a superare agilmente il vaglio del pubblico, ottenendo il benestare anche della critica dell’epoca.

Un omicidio maturato nella estiva Torino bene, mette in moto il commissario Santamaria e il suo collega De Palma. Dalla tradizione popolare il proverbio piemontese La cativa lavandera a treuva mai la bun-a pera (La cattiva lavandaia non trova mai la buona pietra), cioè chi non ha voglia di lavorare troverà sempre una ragione; trasversalmente, su questa saggezza popolare, si fonda la soluzione del giallo che si arricchisce, nel frattempo di un altro omicidio, sui quali faranno piena luce i due investigatori.

Comencini che è stato un regista sempre attento a praticare una specie di regia occulta, invisibile, ma non per questo senza carattere, immerge la storia di La donna della domenica in una Torino afosa e disabitata, un poco respingente, così come è respingente l’ambiente in cui si svolgono i fatti per il romano commissario Santamaria. Questa sensazione di distanza, di rifiuto nei confronti del commissario si aggrava nel romanzo là dove il personaggio è siciliano. La distanza si fa maggiore quindi e non sono estranei anche elementi di critica sociale sottesi ad una vicenda, niente di più e niente di meno che un giallo classico con un intrigo, come si conviene, che non porterà troppo lontano e sul cui sfondo si troveranno le solite ragioni di interesse economico. Il film si regge su una sua compostezza formale che se ad un primo sguardo farebbe pensare ad una anticipazione della futura, ma molto vicina, fiction televisiva, si manifesta, invece come una idea ben precisa della messa in scena, una patina di freddezza che è distanza dalla materia, per non scambiarla con la verità (un poco alla Chabrol, per intenderci) il che accresce il valore della sua composizione e della sua resa finale.

Un cast di attori di qualità completa la buona fattura del film da Marcello Mastroianni a Jean-Louis Trintignant, da Omero Antonutti, Claudio Gora, Lina Volonghi, Tina Lattanzi a Jacqueline Bisset ad Aldo Reggiani e molti altri che le cronache più vecchie ricordano come caratteristi solidi e affidabilissimi. Tutti lavorano su una sceneggiatura di un’altra coppia che ha fatto la storia del cinema italiano Agenore Incrocci e Furio Scarpelli, ma conosciuti come Age e Scarpelli. In questa doppia coppia, il lavoro di Comencini è stato facilitato e il suo film, ancora oggi merita di essere ricordato.

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