Cherry – Innocenza perduta, di Anthony e Joe Russo

Nel ciclico endgame del cinema dei Russo, una variazione su tema che riflette da altri punti di vista sulla previsione algoritmica del nostro immaginario e sulle sue potenziali evasioni. Su AppleTv

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A volte sento come se avessi già visto tutto quello che succederà. Ed è un incubo”. C’è uno straordinario momento rivelatore, poco dopo l’inizio del film, proprio quando il protagonista sta per coronare il suo sogno d’amore ma inspiegabilmente si ferma, piange e in voice over ci sussurra questa frase. “Non devi mai scusarti per quello che provi”, gli risponde altrettanto lucidamente la sua compagna. Ecco, potremmo anche fermarci qui. Perché in quel ciclico Endgame che è il cinema dei fratelli Russo – dagli universi convergenti del Marvel Cinematic Universe, passando per produzioni di pura sperimentazione sul flusso audiovisivo contemporaneo come Mosul e Tyler Rake – si ha sempre quella precisa sensazione di aver già “visto tutto quello che succederà”. Eppure, non si riesce mai a evadere da questa esplorazione guidata dello sguardo disincarnato dei protagonisti che ri-giocano ossessivamente gli eventi del loro passato da un imprecisato punto del futuro. Un cinema che plana dall’alto con immersioni dronistiche facendo agire i personaggi in fluide dimensioni diacroniche e rimodulabili. Quante volte abbiamo rivisto singoli pezzi di un film dell’MCU per poi metterli in relazione (“rimontarli”) con un altro film, una puntata di una serie oppure una scena off credit? E i discorsi creati dal flusso di immagini condivise quanto sono affini ai nostri modi di comunicare (le emozioni) negli ambienti mediali XXI secolo? Ecco, da questo punto di vista il cinema dei fratelli Russo riflette con ostinata (e a volte sfiancante) lucidità sull’odierna cultura visuale e sulla sempre più pervasiva mediatizzazione della nostra esperienza. Ci torneremo.

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Cherry è l’adattamento dell’omonimo romanzo semi-autobiografico di Nico Walker, la sua personale pastorale americana iniziata nel 2002 in un’aula universitaria di Cleveland – città natale degli stessi Russo – dove incontra la donna della sua vita. Lui è un ragazzo introverso che fa uso di droghe sintetiche e sembra uscito da una qualsiasi inquadratura di Euphoria; lei una ragazza eclettica che serba molti traumi da elaborare. L’amore sembra redimerli ma le difficoltà comunicative portano Cherry all’impulsiva decisione di arruolarsi come soccorritore militare partendo in Iraq per ben due anni. Da lì in poi inizierà per entrambi una lenta discesa tra sintomi da post traumatic stress, abuso di droghe pesanti, debiti e furti. E nel frattempo il film affastella generi (dal coming of age al melodramma, dal war movie spurio al film sui reduci, dall’heist movie al film lisergico) e iconografie riconoscibilissime (da Full Metal Jacket a Natural Born Killers), con la precisione di uno sguardo smaccatamente consapevole della sua distanza autoimposta. Gli eventi sembrano sempre scontornati utilizzando il formato dell’immagine più adatto, il filtro Instagram più espressivo o il meme sovrimpresso più cool. E la fotografia di Newton Thomas Sigel (dopo Tyler Rake e Da 5 Blood) si dimostra ancora una volta decisiva in questo “viraggio” sintetico dei colori della nostra memoria.

Eccoci al punto: i Russo conoscono sin troppo bene le retoriche classiche e post-classiche di messa in scena cinematografica, e conoscono ancor di più gli universi videoludici e social che le stanno rimediando. L’ossessivo loop narrativo di Cherry – un prologo, cinque capitoli e un epilogo – potrebbe quindi espandere senza limiti questa infinity war del protagonista. “È come se tutto questo sia stato costruito sul nulla e non ci sia niente a tenerlo insieme”, ci dice Cherry con la solita lucidità autoriflessiva. Insomma, che si debba affrontare l’amore, la guerra, l’amicizia, la droga, la morte, la rapina o il carcere, si ha sempre la sensazione che gli eventi siano come sospesi, anestetizzati e sublimati in un già stato che attende solo l’ennesimo blip del Thanos di turno per far ricominciare tutto da capo. Un riciclo (seriale) del riciclo (videoludico) del riciclo (social) di ogni immaginario (cinematografico) che ritorna all’ovile in un film in streaming (distribuito su Apple Tv). Anche tutti i linguaggi del cinema, pertanto, sono “già accaduti” e svuotati di ogni pathos (tragico o postmoderno che sia) tanto che i ripetuti tentativi di evasione di Cherry non sembrano mai mossi dalla contingenza della guerra, dell’amore, della droga o dei debiti, bensì dalla sua cronica incapacità di definirsi ai nostri occhi come un personaggio che soffre, ama, vive o rinasce.

Fermiamoci qui: come riuscire a testimoniare nuovamente le emozioni? Forse solo nelle anomalie del flusso che facciano ancora collassare quest’inerzia. Cherry blocca improvvisamente la sua ennesima e inutile rapina in banca e chiede alla cassiera di essere guardato, riconosciuto e smascherato. Impone un’improvvisa ellissi al nostro film (dal 2007 al 2021) come in una personale CherryVision: proprio come Wanda (nella “piattaforma” accanto) Cherry tenta di curare l’incubo di ogni previsione algoritmica della sua identità attraverso un singolo scarto emotivo che lo definisca inconfutabilmente. Insomma, Anthony e Joe Russo sanno che molta della nostra esperienza sensibile è oggi agita “da remoto”, traumatica nella sua assenza e già programmata nello spazio e nel tempo della rete. Ecco perché lo sguardo finale di Cherry verso il fuori campo potenziale della sua vita è un istante di puro cinema che sfugge finalmente a ogni previsione algoritmica sfiorando la tanto agognata catarsi. La “fine” del film. Piaccia o meno il cinema dei fratelli Russo ci sta raccontando come pochi altri.

 

Titolo originale: Cherry
regia: Anthony e Joe Russo
Interpreti: Tom Holland, Ciara Bravo, Jack Reynor, Michael Rispoli, Jeff Wahlberg, Forrest Goodluck
Distribuzione: Apple TV+
Durata: 142′
Origine: USA, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4.5 (2 voti)
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