Così lontano così vicino, di Wim Wenders

Il sequel di Il cielo sopra Berlino smarrisce la poesia del film precedente e la sceneggiatura più strutturata lo appesantisce. Gran Premio della Giuria al 46° Festival di Cannes. Da domani in sala.

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La città di Berlino dopo la caduta del muro. Ci sono ancora gli angeli ma faticano a restare puri tra esseri umani corrotti e agnostici. Sei anni dopo Il cielo sopra Berlino (1987), Wim Wenders riprende le storie di Cassiel (Otto Sander), della trapezista Marion (Solveig Dommartin) e del pizzaiolo Damiel (Bruno Ganz) per contaminarle con diversi generi, dal noir al comico, dal politico al filosofico. Attinge sia dal Nuovo Cinema Tedesco che dal classico americano ma paradossalmente la armatura di una sceneggiatura più strutturata appesantisce l’opera. È assente la poesia di Peter Handke e Wenders rende queste figure più realistiche, molto legate alle contingenze terrene, tra traffico di armi e cassette VHS pornografiche.

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L’angelo Cassiel cerca Raphaela (Nastassja Kinski) per condividere il sentimento di estraneità di fronte all’insensibilità dell’essere umano. Wenders lo inquadra dall’alto sulla Colonna della Vittoria con movimenti vertiginosi. La macchina da presa è nervosa, spesso segue traiettorie impossibili e si arrampica sul Pergamon Museum e sulla Porta di Brandeburgo. La scomparsa del muro è importante dal punto di vista narrativo: Est e Ovest si confondono nello stesso cinismo. Wenders ha uno sguardo scettico verso il futuro e si rivolge a un passato quasi mitologico (“il tempo è una malattia”). Figura centrale è quella di Flesti Emit (Time Itself interpretato da Willem Dafoe) che orologio alla mano ricorda all’angelo la sua vocazione al sacrificio. Wim Wenders aggancia la Storia alle vicende dei suoi angeli: prima inserisce un monologo interiore di Gorbaciov e poi fa rivivere il nazismo in un urlo munchiano che devasta il volto di Cassiel durante una mostra di quadri dell’Espressionismo tedesco.

Anche la musica è scelta per amplificare questo desiderio di volo verso l’alto: prima Lou Reed con Why Can’t I Be Good (in un concerto che ricorda quello di Nick Cave che canta From Her To Eternity in Il cielo sopra Berlino), poi gli U2 (Faraway, So Close! mentre Cassiel si ubriaca con l’acquavite sotto gli occhi mefistofelici di Flesti) e infine sui titoli di coda la struggente Cassiel’s Song di Nick Cave che riassume in pochi versi il significato del destino dell’angelo condannato al vagabondaggio esistenziale. Rimangono periferici i personaggi di Peter Falk che fa l’autoparodia di Colombo, di Horst Buchholz poco credibile nella parte del trafficante ricattato dalla mafia russa e dell’investigatore Rudiger Vogler che incontra Alice nelle città (il suo bellissimo angelo è Yella Rottlander, la bambina protagonista del film del 1973). Proprio nello sviluppo della trama noir nella seconda parte dell’opera, Wenders perde il controllo del tono meditativo e dell’atmosfera lirica. L’uso frequente della plongeé enfatizza l’ immagine metafisica ma contemporaneamente la svuota di significato. Le scene d’azione sono inserti di slapstick comedy estranei a tutto il sotto-testo politico filosofico degli angeli come messaggeri di pace (Cassiel con la pistola in mano sembra Buster Keaton, Damiel canta Funiculì Funiculà e arie d’opera, le acrobazie da circo e il bungee jumping sono insistentemente riportati come metafora del volo, il passaggio dal bianco e nero al colore è traumatico) .

Gran Premio speciale della giuria al Festival di Cannes del 1993, Così lontano così vicino è un film che tralascia gli aspetti poetici per concentrarsi sull’attualizzazione delle figure angeliche in una Berlino riunita. Dove è finita la spiritualità? Perché l’umanità si accontenta del visibile e non sa più guardare al futuro? Cassiel e Damiel smettono di essere caratteri metaforici e diventano goffi nei grandi spazi di Potsdamer Platz. Il richiamo retorico all’amore viene affidato ad un battello che va “contro corrente, risospinto senza posa nel passato”.

 

Grand Prix Speciale della Giuria al 46° Festival di Cannes

Titolo originale: In weiter Ferne, so nah!
Regia: Wim Wenders
Interpreti: Otto Sander, Bruno Ganz, Solveig Dommartin, Nastassja Kinski, Peter Falk, Rüdiger Vogler, Willem Dafoe, Horst Buchholz, Heinz Rühmann, Lou Reed, Mikhail Gorbaciov
Distribuzione: CG Entertainment in collaborazione con Cinema Beltrade – Barz and Hippo
Durata: 147′
Origine: Germania, 1993

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
4 (2 voti)
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    2 commenti

    • ciao, grazie per la tua recensione ma in tutta franchezza mi sembra che tu perda di vista alcuni elementi imprescindibili. 1: che senso avrebbe fare un film uguale al cielo sopra berlino?? 2. i protagonisti ora sono umani, quindi il ritmo del film deve per forza essere diverso, piu materiale. 3. la città (e il mondo) son cambiati dopo il crollo del muro. infine credo che questo film sia meglio del primo perché piu fruibile da un pubblico vasto, e con un bellissimo messaggio

      • Fabio Fulfaro

        Ciao, ti ringrazio per avermi letto. E’ utile confrontarsi anche quando si hanno opinioni differenti. Molti spettatori hanno apprezzato il film per i motivi che sottolinei tu. Ma, a mio giudizio, la umanizzazione degli angeli rende le figure un po’ caricatura. Dal punto di vista cinematografico, pur apprezzando la profondità del messaggio, non riesco a, valutare positivamente i mezzi con il quale viene espresso. Nella seconda parte ci trovo un eccesso di retorica. Opinione personale