Diabolik, dei Manetti Bros.

Diabolik cerca di aggiornare il mito alla contemporaneità e di porre le basi per un universo narrativo, frenato però da una ricerca della misura forse reverenziale. Dal 16 dicembre in sala

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Diabolik ha appena registrato di nascosto la conversazione tra due camerieri dell’Excelsior Hotel di Clerville. Uno dei tre con fare saccente dice di essere stato assegnato come cameriere personale di Lady Eva Kant, ereditiera rientrata da poco dal Sudafrica. Diabolik ripete le parole più volte, ossessivamente, con occhi vuoti. Luca Marinelli, una ripetizione dopo l’altra, guarda lo spettatore negli occhi mentre la sua voce aderisce sempre più alle parole, che sono quasi le sue ultime, visto che ore le corde vocali che le hanno pronunciate riposano silenziose sul fondo di un tombino. È forse questa una delle sequenze più adatte a sintetizzare non solo questo nuovo adattamento del personaggio, al limite dello psicotico, da parte dei Manetti Bros., ma anche l’intero film. Nonostante ne porti il nome, infatti, Diabolik è un film che ruota tutto attorno alla Eva Kant di Miriam Leone.

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Dopo un primo inseguimento in macchina che culmina nel title drop, siamo con Eva a una festa in una località montana. Sorseggia uno spritz con il viscido viceministro della Difesa, le cui avances non vanno a buon fine. Tornando a piedi in albergo viene avvicinata dall’ispettore Ginko di Valerio Mastandrea, che la mette in guardia: Diabolik sarà sicuramente interessato al suo inestimabile diamante, lasciatogli in eredità dal marito morto in un incidente di caccia. Il soggiorno a Clerville di Lady Kant è, in fondo, una fuga da quei dolorosi non detti che sembrano perseguitarla. Il prevedibile incontro con Diabolik nella sua stanza d’albergo diventa per lei una scossa, quasi uno specchio nel quale vedere il proprio maligno riflesso con il quale diventare complice del proprio passato passato.

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In questo senso lavorano anche i Manetti Bros. creando un’estetica che guarda più al glamour degli 007 di Craig che al pop di Mario Bava, di cui conservano qualche stilizzazione e che omaggiano in un omaggio dalle tinte horror. Diabolik è un film su un’evoluzione, tanto del personaggio, di cui infatti non viene raccontata in nessun modo la genesi ma una trasformazione, quanto del cinema dei Manetti, il cui stile registico si avvicina a un inusuale senso di classicità. La transizione dal loro caratteristico stile esuberante a uno più posato fa perdere un po’ di quella dinamica vitalità propria delle loro precedenti opere, anche molto dialogate, come L’arrivo di Wang e Piano 17. Alla ricerca della solidità, il film finisce per appesantirsi a causa di un numero esiguo di scene d’azione e di una mole di dialoghi non sempre brillanti.

Nonostante qualche inciampo i Manetti, aiutati da un ritmo abbastanza sostenuto, riescono a delineare con sempre più disinvoltura un’inedita, tanto per i registi quanto per lo spettatore, zona di comfort. Diabolik assume allora le sembianze non solo di un primo esperimento forse ancora troppo misurato, ma si candida a essere di più, magari una base per un vero e proprio universo narrativo cinematografico che tratti i personaggi con sempre meno riverenza. Chissà che nelle sale, a partire dal 16 dicembre, non venga posta la prima pietra di un nuovo cinema commerciale italiano degno di questo nome e al passo con i tempi.

Regia: Marco e Antonio Manetti
Interpreti: Luca Marinelli, Miriam Leone, Serena Rossi, Valerio Mastandrea, Claudia Gerini, Alessandro Roja, Luca Di Giovanni
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 133′
Origine:
Italia, 2021

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
Sending
Il voto dei lettori
2.51 (65 voti)
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