"El-banate dol" di Tahani Rached (Fuori concorso)

Cinema al femminile caratterizzato da uno sguardo complice, una silenziosa adesione. Nella testimonianza più dichiaratamente documentaria, nel senso di intervista filmata, il film si fa invece meno interessante, sempre però mantenendo quella sensibilità di sguardo che contraddistingue il lavoro della regista

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Alle donne il cinema di Tahani Rached dedica uno sguardo complice, una silenziosa adesione, una sensualità filmica che le coglie nelle loro quotidianità. Ce lo aveva rivelato, questo percorso, un film come Quatre femmes d'Egypte, del 1997. La regista, nata al Cairo nel 1947, lavora sul documentario come materia con la quale costruire una vera e propria narrazione. La conferma più recente di tale percorso è il lungometraggio, poco più di un'ora, El-banate dol (Ces filles-là), che il Festival di Cannes ha presentato in una serata speciale, come uno dei numerosi eventi inseriti fuori competizione.

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Una ragazza a cavallo attraversa le strade del Cairo, fra il traffico di quella metropoli, caotico e incessante. Inizia così, con un'inquadratura di modernità straniante, El-banate dol, ritratto plurale di un gruppo di adolescenti che vive ai margini della città, dei suoi luoghi, nei vicoli dei quartieri, fra violenze e repressioni quotidiane, ma anche nel segno di una libertà altrove (come per esempio nelle famiglie) negata, talvolta in maniera brutale. E chi magari per qualche giorno rientra a casa poi viene richiamato dalla strada, ormai non più abituato a vivere in uno spazio ristretto.


Sono soprattutto ragazze, giovani, giovanissime, quelle che Tahani Rached racconta, lasciando loro la parola, intervenendo raramente, seguendole con discrezione nei loro luoghi di ritrovo o in incontri talvolta drammatici. Si chiamano Tata, Mariam, Abir, Dunia… Spesso sono state violentate dai loro stessi compagni di disavventure, una è incinta… Ad assisterle, Hind, una donna musulmana che non ha potuto avere figli e che ha deciso, senza nessuna specializzazione ma con l'amore a guidarla, di prendersi cura di loro. Ed è qui, nella testimonianza più dichiaratamente documentaria, nel senso di intervista filmata, che El-banate dol si fa meno interessante. Sempre però mantenendo quella sensibilità di sguardo che contraddistingue il lavoro della regista.

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