Girish Kasaravalli: il "diverso" nel cinema indiano

Esponente di spicco della New Wave indiana dalla fine degli anni '70, Kasaravalli ha continuato ad essere un protagonista indiscusso del cinema contemporaneo del subcontinente asiatico. Autore poco conosciuto in occidente, se non in alcuni dei maggiori festival internazionali, è da considerare sicuramente tra i cineasti più prestigiosi del suo Paese.

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A morte Bollywood! In un Paese dove si producono circa 800 film l'anno, si parlano 28 lingue, almeno quattro religioni si contendono la fede, Girish Kasaravalli in India oggi, rappresenta una fonte destrutturante del "doppione" californiano.  Ne parliamo perché è del 2002 il suo ultimo lavoro Dweepa (L'isola) e perché difficilmente potremo vedere scorrere nel tradizionale circuito internazionale i suoi film, perché Girish Kasaravalli è lontano da Bombay, è un fuoricasta, un "intoccabile", un sovversivo e perché Girish Kasaravalli è l'unico sopravvissuto della banda d'intrepidi guerrieri che resero possibile il Nuovo Cinema Kannada (una delle lingue dell'India Meridionale) negli anni '70 e '80, vincendo per quattro volte il premio per il miglior film indiano. In quel decennio un'ondata di rinnovamento sconvolse il cinema del subcontinente con grande capacità d'espressione ed eleganza d'immagini, con piccoli budget e nessun fuorviante virtuosismo "speciale". Quegl'anni sono stati caratterizzati da un disincanto crescente sullo stato delle cose in India, in tutti gli aspetti dell'esistenza, ed anche il mezzo filmico ne fu coinvolto. Una classe media in rapida crescita, conoscendo il cinema europeo e dell'America Latina attraverso i festival e i movimenti cinematografici, cominciò a rifiutare il cinema popolare hindi, i suoi melodrammi, le sue canzoni, le sequenze di danza e i contenuti tematici. Insomma, nasceva il dissenso verso quel cinema adattato miseramente ai canoni hollywoodiani.

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Nel Sud indiano un gran numero di nuovi registi con una moderna sensibilità artistica si faceva largo. I loro film erano focalizzati su istanze sociali, quali l'oppressione delle donne, la triste condizione dei poveri, la corruzione delle pubbliche istituzioni. Tracce genealogiche sembrano condurre questo cinema e quindi lo stesso Kasaravalli, alle porte del neorealismo italiano e del cinema politico degli anni '70. E' un cinema che dialoga con la propria società e che interagisce con i movimenti e le trasformazioni sociali. Fonte d'ispirazione e di stimolazioni visive, per Kasaravalli, è stato certamente Satyajil Ray, maestro del cinema bengalese. Il suo esordio risale al 1977 con Ghatashradda (Il rituale) che riflette con intelligenza e rabbia soffocata la vigliaccheria e la crudeltà della comunità dei Bramini e la sofferenza di una giovane donna indifesa; scoperta la relazione nascosta tra la donna e il maestro del villaggio scoppia lo scandalo e scatta la "scomunica". Con il rito funebre celebrato per lei ancora in vita è espulsa dalla famiglia e dalla casta. Si manifesta nell'intreccio un sentimento d'impotenza dove la struttura di casta comporta un'oppressione più agghiacciante di quella di classe. L'umiliazione che subisce una persona considerata intrinsecamente inferiore non è comprensibile solo in termini di classe sociale. Si appartiene ad una casta perché ci si nasce. Almeno altri due grandi titoli vanno menzionati. Nel 1987 con Tabarane Kathe la storia è intessuta intorno alla tragedia della rettitudine individuale e dell'erosione della fede nel mondo di funzionari e impiegati dell'India indipendente.

Undici anni dopo in Thayi Saheba, Kasaravalli mette in connessione il destino di una nazione e quello della protagonista. La giustapposizione tra il mondo esterno, la sfera pubblica, e quella interna, l'universo privato, si realizza attraverso una cornice storica particolare del paese. L'ellissi temporale abbraccia gli anni precedenti l'indipendenza fino ad arrivare all'omicidio di Gandhi. È in questo contesto che è descritta la trasformazione di una donna, ostaggio di un ambiente conservatore, in uno spirito emancipato e consapevole.

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Altro tema: lo sradicamento. Ciò subiscono gli abitanti di un villaggio sommerso da una diga, nell'ultimo film di Kasaravalli, Dweepa. È sempre un fattore esterno a causare lo "sfollamento": tradizione e modernizzazione che abusano. Ci vorrebbe qualcuno che sapesse negoziare con il presente, che accettasse la sfida, che incarnasse lo spirito gandhiano, come la protagonista di Dweepa. Il dharma filmico scalcia la globalizzata concezione della cultura insapore e colonizzata. Si va oltre le etichettature di cinema "alto" o "basso", ma si esprime il tipo di sensibilità indiana attraverso la filosofia, i modi di vita, la religione, i processi sociali ed economici, le tradizioni. Avere un proprio senso dello spazio e del tempo non standardizzato, sarà questo il segreto per non essere travolto dalle trasformazioni e per non impantanarsi nel passato? Purtroppo anche i giovani indiani cercano oggi film sempre più veloci, dal ritmo che ti prende e non ti lascia pensare, un cinema "popolarmente asettico" e quindi per registi come Kasaravalli è diventato quasi impossibile trovare finanziamenti che permettano loro di esprimersi attraverso la propria lingua e cultura. Ormai, l'egemonia hindi ha monopolizzato anche le attività artistiche del Paese e la tv ha certamente favorito e accelerato tale regressione intellettuale. Altro che unificazione…

 



LINK:


www.miff-india.com


www.asiaticafilmmediale.it


http://www.ourkarnataka.com/kannada/movie/iview_kasaravalli.htm


http://www.screenindia.com/apr10/south1.htm

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