Godzilla vs. Kong, di Adam Wingard

Godzilla Vs. Kong segna il ritorno al cinema per milioni di persone. L’astinenza da blockbuster può celebrare o mettere a nudo il suo vero tratto distintivo: la superficialità. Su HBO Max

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La visione di Godzilla Vs. Kong è inevitabilmente influenzata da due forti pregiudiziali. La prima dipende da una fortuita coincidenza di calendario. Il film è finalmente uscito nelle sale degli Stati Uniti ed è stato il primo blockbuster a ritrovare un pubblico più o meno di massa. La sorte gli ha riservato l’ingrato compito di dover rieducare gli spettatori al rito cinematografico dopo più di un anno di pandemia. Una missione per cui lo scontro tra titani non era stato concepito e che rischia di spostare la valutazione verso due letture opposte. Da una parte, l’astinenza potrebbe portare ad esaltare l’esperienza ritrovata a prescindere dal valore del film; dall’altra, una platea ormai disabituata al frastuono potrebbe percepirlo soltanto per quello che effettivamente è. In entrambi i casi, si potrebbe sminuire o sovrastimare la sua qualità predominante: la sua superficialità.

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La seconda premessa riguarda una certa delusione per lo scivolamento del MonsterVerse della Warner verso un livello marcatamente ludico. Godzilla (2014) di Gareth Edwards e Kong: Skull Island (2017) di Jordan Vogt-Roberts avevano stili completamente diversi ma concordavano sul nuovo approccio di questo ciclo narrativo. L’umanità era totalmente impotente davanti alla forza ancestrale di queste creature di un altro mondo. Persino il potere demiurgico di aver creato/risvegliato il mostro anfibio radioattivo attraverso la bomba atomica le veniva negato. Allo stesso modo, i tentativi di catturare Kong come se fosse solo un gorilla troppo grosso dimostravano la sua incapacità di comprendere la sua natura smisurata. La tradizione epica dei kaiju che provengono dalle fratture della Terra veniva arricchita di un’inedita e gradita sfumatura lovecraftiana.

I primi due film si erano impegnati ad omaggiare i modelli classici e a rileggere in modo originale un repertorio abusato. Inoltre, anche l’introduzione della MONARCH era un felice tentativo di sintesi. L’esistenza di un’organizzazione sovranazionale che prova a controllare l’energia di una nuova dimensione era un brillante ed innovativo trait d’union. Le fosche tinte apocalittiche delle versioni giapponesi sembravano aver trovato un punto di caduta con la razionalizzazione delle declinazioni hollywoodiane. Godzilla Vs. Kong cerca di ridimensionare tutta la questione verso un tono più prosaico e meno ambizioso: che rissa sia. Purtroppo, la sceneggiatura deve anche costruire una struttura narrativa che dia una giustificazione ai loro scontri. Oppure, che amplifichi il regolamento di conti rinviato da millenni verso un gran finale senza esclusione di colpi.

La relazione uomo/mostro perde completamente l’equilibrio e si banalizza fino a diventare degna di un film di Roland Emmerich. In alcuni momenti, si cerca di dare ai kaiju una minima capacità empatica; in altri, si prova a riabilitare la possibilità umana di intervenire in modo risolutivo/ridicolo nella contesa. I cattivi hanno uno spessore degno di un film di trenta anni fa e spesso assumono dei toni da macchietta. L’ambiguità della MONARCH si defila per essere sostituita da una misteriosa multinazionale che ha scopi ben più definiti di megalomania. Lo spettatore ha una grande difficoltà ad interessarsi al destino dei suoi simili sullo schermo. La progressiva dispersione della tensione drammatica è evidente. In compenso, si potrebbe prendere sul serio l’esperimento di immedesimazione verso i mostri?


Come già il precedente Godzilla II: King of the Monsters (2019), Godzilla Vs. Kong è un’esperienza di puro intrattenimento in cui tutte le situazioni di pericolo sono un mero pretesto per far intervenire e lottare uno dei due contendenti. Le vedute cameroniane che accompagnano la discesa dei pionieri verso la terra cava possono illudere la platea di godere di alcuni istanti di meraviglia. Il repentino arrivo di altre creature primordiali e l’intervento salvifico e rumoroso di Kong spezzano l’incanto prima che possa diventare piacere. Lo spettatore non ha altra scelta che aspettare lo showdown e la distruzione di una città fotogenica a caso. La forza visiva hollywoodiana resta impressionante e l’arrivo di un terzo incomodo meccanico integra l’unica parte ancora mancante del paradigma giapponese. Non si era ancora mai visto un mecha ed era giusto che ne arrivasse uno proprio sul più bello.

Godzilla Vs. Kong non manca completamente il suo obiettivo e sarebbe ingiusto dargli delle colpe che non ha. Non lo si può accusare di essere suo malgrado una produzione di un’altra epoca. In qualche modo, le sue incertezze sembrano annunciare una domanda impossibile da nascondere. Si potranno ancora fare i blockbuster come si facevano prima? La chiusura forzata, lo stress post-traumatico del pubblico hanno cambiato anche la sua sensibilità cinematografica? Basterà la spinta dell’euforia di ritrovare il buio in sala per ricominciare da dove eravamo rimasti?

 

Titolo originale: id.
Regia: Adam Wingard
Interpreti: Alexander Skarsgård, Rebecca Hall, Millie Bobby Brown, Brian Tyree Henry, Shun Oguri, Demián Bichir, Kyle Chandler
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 113’
Origine: USA, 2021

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3 (5 voti)
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