"Il cinema e la Shoah" di Claudio Gaetani

Andando al di là del semplice giudizio artistico sulle singole opere, questa analisi ha tentato di estrapolare, spiegare e commentare la modalità e le motivazioni che hanno spinto il cinema a trattare e rappresentare lo sterminio ebraico.

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IL CINEMA E LA SHOAH


Claudio Gaetani

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Le mani


Finito di stampare nel gennaio 2006


263 pag. – 13,00 euro


 


 


Per anni il rapporto che lega il cinema alla Shoah è stato caratterizzato dalla convinzione che fosse impossibile, nonché immorale, tentare di rendere "immaginabile l'inimmaginabile". Critici, storici e sopravvissuti al genocidio, pianificato dal nazismo contro la popolazione ebraica, hanno sovente considerato semplicistica, se non addirittura offensiva, qualsiasi rappresentazione il cinema abbia offerto della tragedia da essi subita. Da qualche tempo, però, i toni della discussione sono cambiati e molti hanno capito quanto il mezzo cinematografico sia stato utile alla conservazione di una necessaria memoria storica. 


Qual è, dunque, il senso di fare un film sui ghetti, sui lager, sulla deportazione?


A questa domanda prova a rispondere, nella prefazione del libro, Moni Ovadia: "Un senso possibile è quello dell'urgenza di un essere umano, nato nel mondo dalle cui viscere è uscito quel crimine, di misurarsi con ciò che l'evento Shoah significa per lui, quali pensieri, quali emozioni e quali risonanze abbia con la sua vita (…) un secondo senso è sicuramente quello di interporre fra gli uomini e il volto della Medusa la pietas di un narrare artistico che ci consente di guardarla senza venire pietrificati … in questo senso un narrare artistico protegge la nostra fragilità".


L'analisi condotta da Claudio Gaetani, però, non può e non vuole prendere ad oggetto l'essenza etica dell'evento, né tanto meno tentare di spiegare cose che per molti aspetti sono ancora oggi inspiegabili e ingiustificabili. Nelle pagine del libro l'autore si è limitato soltanto a mostrare la maniera attraverso cui uno dei più grandi media del secolo, il cinema, è riuscito, appunto, a rendere "immaginabile l'inimmaginabile".


L'immagine che abbiamo oggi della Shoah è  frutto di un graduale ma progressivo abbattimento di tabù che hanno permesso al tema di vivere una propria evoluzione e raggiungere, per così dire, il grado di "genere". E' innegabile che, nonostante all'inizio il tema sia stato assorbito ed esplicato all'interno di generi cinematografici già riconosciuti, come ad esempio quello bellico o la commedia, con il passare del tempo e con la susseguente crescita di informazione a riguardo, esso sia riuscito a raggiungere una propria autonomia fatta di precisi loci rappresentativi.


Tuttavia, c'è da tenere presente un fatto evidente che porta a provare un imprescindibile senso d'imbarazzo nel sostenere tale tesi. In questo caso, infatti, non si sta parlando di una forma di entertainment che abbia goduto di una propria evoluzione semplicemente perché si sia cercato di assecondare i gusti del pubblico o perché si siano seguite delle mode. Qui si sta prendendo in esame un preciso evento storico, facilmente definibile come il dramma per antonomasia, che nel corso degli anni è stato filmato e rappresentato perseguendo obiettivi molto differenti, è stato anche piegato a finalità politiche ideologiche e che solo negli ultimi due decenni si è tentato di rappresentare nella sua unica oggettività storica e morale.


La divisione in quattro capitoli, dei quali il primo e il terzo prendono in esame solo la produzione americana mentre gli altri quella europea, permette di seguire in maniera speculare i differenti percorsi e le relative influenze che hanno portato chi l'evento non ha vissuto direttamente e chi invece continua tutt'oggi a sentirne addosso il peso.

Andando, quindi, al di là del semplice giudizio artistico sulle singole opere, questa analisi ha tentato di estrapolare, spiegare e commentare la modalità e le motivazioni che hanno spinto il cinema a trattare e rappresentare lo sterminio ebraico seguendo dei percorsi molto particolari, percorsi che comunque hanno finito per strutturare l'immaginario collettivo. Sarà principalmente la maniera in cui i vari autori si sono confrontati con il tema ad essere oggetto delle critiche e dei commenti del libro.

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