Killers of the Flower Moon, di Martin Scorsese

Un film non solo stanco ma che insegue la grandiosità di un cinema che non c’è più, che ha perso la coinvolgente fisicità e appare illustrativo tranne nel gran finale. Dal romanzo di David Grann

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Bisogna partire dal gran finale di Killers of the Flower Moon perché proprio lì ci sono tutta la spinta e l’energia mancate invece per quasi tutto il film. Lì è racchiusa una (im)possibile serie ‘true crime’ che Scorsese avrebbe potuto realizzare proprio per Apple TV+, con le forme di un cinema che si mostra nel sogno di backstage attraverso la voce e i rumori di forchette, bicchieri, bottiglie che si stappano. Proprio nell’epilogo Killers of the Flower Moon richiama i bagliori di New York New York e ritrova l’autentico virtuosismo stilistico di Quei bravi ragazzi che, curiosamente, è stato girato quando Robert De Niro aveva più o meno l’età di Leonardo DiCaprio oggi. E i due attori che hanno segnato maggiormente la filmografia di Scorsese sono per la prima volta insieme in un film del regista statunitense (mentre 30 anni fa erano stati protagonisti di Voglia di ricominciare), nell’adattamento del libro omonimo del giornalista David Grann, pubblicato nel 2017 e ispirato a fatti realmente accaduti negli anni ’20. In questo periodo nella comunità Osage, in Oklahoma, vengono scoperti diversi giacimenti di petrolio e, parallelamente, si verificano gli omicidi di alcuni membri di una facoltosa famiglia indiana. L’FBI indaga sul caso e tra i sospettati finiscono Ernest Burkhart (Leonardo DiCaprio), un reduce della Prima Guerra Mondiale che sposa Mollie (molto brava Lily Gladstone), una ragazza della comunità Osage, e il diabolico zio, lo spietato William Hale (Robert De Niro), che lo muove come una pedina per impadronirsi del denaro della comunità.

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C’è probabilmente la mano del Di Caprio produttore – ancor più, per esempio che in The Aviator e The Wolf of Wall Street – nella tematica ambientalista che scorre sotto traccia a mostrare lo sterminio di un popolo e che inquina in qualche modo il respiro di un grande romanzo di formazione, qui molto stanco e adagiato sul format Apple TV+, soprattutto quando alcuni passaggi fondamentali della trama vengono ribaditi durante il processo, in una scena emblematica della stanchezza del film, quando in passato la parte giudiziaria avrebbe avuto un’altra intensità. E i segni di cedimento si vedono nelle esplosioni e nelle scene di omicidio di un gangster-movie che richiama solo nella forma la grandezza di Mean Street, Quei bravi ragazzi e Casinò, senza però averne la coinvolgente fisicità. Certo, The Killers of the Flower Moon è un atto d’amore verso il cinema, ma ci sono solo gli intermittenti bagliori dei riflessi della luce dello schermo sul volto di Robert De Niro quando si trova in sala. Poi resta imprigionato nel set, come era già successo in The Aviator, e non decolla quasi, anzi evidenzia con rimpianto il grande cinema del passato di Scorsese.

Oggi un romanzo come quello di David Grann sarebbe stato forse più adatto per Paul Thomas Anderson, che ne avrebbe potuto mettere in luce i demoni nascosti come aveva fatto con Il petroliere. Scorsese, invece, rischia l’illustrazione e il didascalismo come in Hugo Cabret. Sia l’epoca del muto sia la nascita del western diventano ancora una volta una lezioncina di storia del cinema in cui il regista si mette in cattedra. Forse un tempo Scorsese non si sarebbe soffermato in modo così diretto su un cinema “anatomico”, con i dettagli del cervello spappolato o della mano ritrovata dopo un’esplosione. Avrebbe fatto sentire l’estasi del colore dei soldi, l’avidità alla John Huston, la sete di denaro. In più, mentre De Niro fa sempre De Niro con grande mestiere, DiCaprio rischia l’imitazione di Marlon Brando/Vito Corleone in Il Padrino quando ingrossa la mandibola ed evidenzia il disagio nell’incapacità di entrare nella mente criminale come in Shutter Island.

Killers of the Flower Moon, scritto dallo stesso Scorsese assieme ad Eric Roth, tenta tutte le strade per ritrovare la grandezza perduta. Anzi, il cinema di Scorsese cerca ancora la sua spettacolarità, che invece resta isolata nei frammenti musical dei balli e delle fiamme arancioni sulla finestra, con l’illusione che dietro ci sia ancora Via col vento. Certo, la ritrova dopo circa due ore e mezzo. Ma ormai è troppo tardi.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2
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Il voto dei lettori
3.76 (29 voti)
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