NFT e videogiochi: la situazione

Le NFT stanno trovando sempre più sbocchi, non ultimo quello nel mondo dei videogiochi. Un viaggio tra proseliti ed eretici, passando per progetti cancellati, auspici e rischi ambientali

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Di questi tempi, si può agevolmente dire che è difficile non incappare in discussioni sulle tre lettere NFT, dai proseliti agli eretici, passando per chi non sa nemmeno cosa voglia dire l’acronimo. Nel mentre che le parole si rincorrono, il flusso di denaro aumenta e nuove porzioni del metaverso si aprono alla tecnologia blockchain, non ultimo il mondo dei videogiochi. Diverse aziende sono entrate, come per esempio Atari (in una data simbolica, tra l’altro, come quella del cinquantesimo anniversario della nascita), o hanno pianificato di entrare nel mondo dei non-fungible tokens. È notizia recente che la Krafton, azienda sud coreana dietro al celebre battle royale PUBG, ha iniziato a costruire un mondo virtuale 3D in alta qualità ed esplorabile in Realtà Aumentata. All’interno di esso, i “servizi sociali e relativi alla community”, compreso un sistema di NFT, verranno gestiti dalla NAVER Z, compagnia sotto la quale sventola la bandiera di ZEPETO, metaverso diffuso principalmente in Asia con più di 290 milioni di utenti.

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Per capire quanto, però, siano contrastanti i pareri in merito all’utilizzo degli NFT all’interno dei videogiochi basta scavare un po’ nella notizia. Quali sono infatti le opinioni in merito della Epic Games, sviluppatrice dell’Unreal Engine e di successi quali Gears of War, Rocket League e Fortnite? “Non toccheremo le NFT visto che è un campo aggrovigliato attorno a un mix di truffatori, fondazioni decentralizzate interessanti e truffatori”, ha scritto su Twitter, laconico, il CEO Tim Sweeney. Sicuramente, a meno di stravolgimenti, non si vedranno per ancora del tempo offerte folli per skin o personaggi unici. Fino a quel momento, comunque, si può andare a farsi un giro su eBay o altri siti e piazzare un’offerta da più di mille euro per un account avanzato con oggetti praticamente esclusivi. A tal proposito, però, non è possibile trovare alcun commento da parte di Sweeney.

Una voce molto meno critica è quella di Strauss Zelnick, CEO della Take-Two Interactive di Grand Theft Auto e Red Dead Redemption: “Sappiamo che la gente ama collezionare cose. Cosa rende prezioso un oggetto da collezione? Un’intersezione tra la percezione del valore e della qualità sottostante e la rarità. Gli NFT possono offrire una versione digitale di questo. Non c’è dubbio che la gente apprezzi i beni digitali. È digitale, raro e da collezione”. Nelle sue parole, ciò che cerca il collezionista, seguendo la pista della rarità, è il riconoscimento, l’essere riconosciuto come appartenente a una lista di possessori di un oggetto. Più quella sarà corta, più il suo valore crescerà e questo meccanismo vale tanto per gli oggetti fisici che per quelli digitali, garantiti attraverso la famigerata blockchain. Un’opportunità, quindi, come la dipinge Yosuke Matsuda, presidente di Square Enix, nella lettera di inizio 2022: “Mi rendo conto che alcune persone che “giocano per divertirsi” e che attualmente costituiscono la maggioranza dei giocatori hanno espresso le loro riserve verso queste nuove tendenze, e comprensibilmente. Tuttavia, credo che ci sarà un certo numero di persone la cui motivazione è quella di “giocare per contribuire“, e con questo intendo contribuire a rendere il gioco più emozionante”.

E i giocatori? Anche qui, la situazione è polarizzata. Nonostante ci siano anche gli entusiasti, la maggior parte delle reazioni avute finora sono state profondamente negative. Come, per esempio, quando i creatori di STALKER 2: Heart of Chernobyl avevano annunciato la messa in vendita di alcune apparizioni nel gioco. Assicurandosi l’NFT, un personaggio del gioco sarebbe stato creato a immagine e somiglianza del vincitore. I fan hanno reagito duramente, con carrellate di meme e minacce di non comprare un seguito che aspettavano da ben 13 anni. Gli sviluppatori di GSC Game World hanno risposto prima svelando le strategie di integrazione degli NFT nel gioco (sempre legate agli elementi di personalizzazione come skin e accessori), poi rinunciando del tutto. Questa reazione segue quella altrettanto negativa nei confronti della simile scelta di Ubisoft di creare un mercato secondario tramite NFT, che ha portato Nicolas Pouard a sbottare che i videogiocatori “non capiscono.

Le cause di queste alzate di scudi sono le più disparate. C’è, infatti, chi dentro al cavallo di Troia dell’innovazione ci vede lo sviluppo del già odiato meccanismo delle microtransazioni, con un regime di scarsità artificiale degli oggetti digitali creato nel solo nome della speculazione. C’è anche chi intravede una problematica ancora più grande, ossia quella ambientale. Sincronizzare e operare con una grande quantità di dispositivi assorbe un enorme quantità di energia. Wired ha raccontato come la vendita di 6 opere di Joanie Lemercier sotto forma di NFT abbia consumato in pochi secondi 8,7 MegaWatt/ora, equivalente di due anni di consumo energetico del suo studio. Siamo pronti ad affrontare le conseguenze ambientali di centinaia di milioni di utenti e di miliardi di operazioni di compravendita del cappello di un avatar digitale? Una domanda importante o che già è stata ignorata, visto che già esistono videogiochi come CryptoKitties che ci consentono di allevare dei gatti digitali da poi scambiare o vendere?

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