DVD – Year of the horse – L'anno del cavallo, di Jim Jarmusch

Year of the Horse coverSfrontatamente girato in super 8! è il fiero messaggio a lettere maiuscole con cui si apre il rockumentary di Jim Jarmusch, nello spirito della poetica sporca e generosa di Neil Young e dei suoi Crazy Horse – dichiarazione d’intenti alla quale segue immediatamente un perentorio invito ad alzare il volume di un film “nato per essere rumoroso”.
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Year of the Horse coverTitolo originale:
Year of the Horse
Anno: 1996
Durata: 107'
Distribuzione: Dolmen Home Video
Interpreti: Neil Young; Frank 'Pancho' Sampedro; Billy Talbot; Ralph Molina
Regia: Jim Jarmusch
Formato DVD/video: 1.66:1
Regione: PAL Regione 2
Audio: Inglese Dolby Digital 5.1 e 2.0
Sottotitoli: Italiano
Extra: non presenti
 

 

 

 

IL FILM 
Il documentario, frutto del duraturo rapporto di amicizia e di stima reciproca tra JYear of the Horse - Neil Youngim Jarmusch e Neil Young, si concentra in particolare sul tour del 1966 in USA e in Europa del grande musicista canadese con i suoi Crazy Horse, integrando i momenti musicali con i più disparati materiali girati tra il 1976 e il 1986, attraversando stanze d'albergo, discussioni animate, minuti particolarmente gustosi in cui un giovane Neil dà fuoco a un centrotavola nell’hotel di cui è ospite con la band e tenta di convincere della propria innocenza l’esterrefatta albergatrice con una surreale disquisizione sulla pericolosità di alcuni soprammobili, letture della Bibbia in pullman che culminano in graffianti definizioni della fede – “Dio è come…mi fa pensare a quando ho piantato degli alberi, non sono cresciuti come volevo e li ho tagliati tutti”, dice Neil – discorsi dal sapore assai jarmuschiano sulla possibilità di suonare o meno con i Beatles, l’insolito set naturale di un anfiteatro del primo secolo a.C. per un concerto francese – “un luogo antico, ideale per dei vecchi con della vecchia e sporca attrezzatura”, ironizza uno dei chitarristi che accompagnavano occasionalmente Neil Young in concerto, suggerendo però la coerenza con l’attitudine ruvida e genuina costantemente richiamata da testi e musica che per oltre 30 anni vengono portati in scena da quella che al di là di ogni retorica si definisce una “famiglia”: un corpo unico, che sul palco crea tanta energia da rendere singolare e riconoscibile il proprio suono anche quando non è tecnicamente perfetto.
Year of the Horse, "l'anno del cavallo", concetto che rappresenta, al di là dello zodiaco cinese, un’istanza di libertà e di apertura al mutamento, alterna bianco e nero a colore, lunghe fasi di concerto a brevi riprese dei lirici e grandi cieli americani, filmati d'epoca a interviste più recenti, realizzate in una stanza volutamente spoglia, arredata soltanto da una sedia, una lavatrice e una bombola di gas, riproducendo fedelmente anche nell’estetica l'approccio sporco e generoso che Neil Young ha sempre mantenuto nei confronti della musica e di una visione politica e sociale non condiscendente, in particolare con i Crazy Horse ma anche nel corso di una lunga carriera individuale in cui si è confrontato con ogni sorta di espressione, dal cantautorato blues al garage, dal folk rock alla psichedelia, dalla composizione di colonne sonore per il cinema (una lunga serie – tra cui le splendide atmosfere rarefatte e intense per Dead Man di Jarmusch) alle esperienze come attore, montatore, direttore della fotografia e regista (come in Greendale, film in super 8 che accompagna un concept album del 2003, riflessione su una comunità rurale e sulla difficoltà di mantenersi al riparo dalla corruzione e dal potere di una società schiacciante).
Ciò che stupisce è la mancanza di domande un po’ più audaci e stimolanti da parte di Jarmusch, che sembra quasi rassegnato a confermare la scherzosa protesta del chitarrista Frank 'Pancho' Sampedro, il quale etichetta come un’impresa persa in partenza da parte del regista quella di rendere in un documentario la comune, densa e mutevole esperienza di vita, oltre che musicale, dei Crazy Horse – in una delle brevi interviste afferma chenon significa nemmeno scalfire la punta dell'iceberg”, alludendo ad una indefinibile e gigantesca struttura di memorie, vissuto comune e cambiamenti troppo rapidi per essere anche soltanto ricordati o raccontati- Mentre il clown che è malato/Fa il trucco del disastro/Per la razzia della mia testa e della mia faccia/Si muove troppo velocemente (da Hello, Mr. Soul) – in effetti le dichiarazioni di vari collaboratori occasionali del gruppo risultano piuttosto ovvie e non forniscono spunti di riflessione particolarmente interessanti, e viene in qualche modo sprecato anche l’incontro con il padre di Neil Young, Scott, occasione che avrebbe potuto arricchire il documentario di un aspetto particolarmente intimo e dipingere da un punto di vista inconsueto il ritratto del grande cantautore americano: ci si limita invece a riprenderlo infatti mentre dichiara che gli anni hanno reso più intenso l’impegno e l’intensità del progetto artistico dei Crazy Horse. Sembrano affrettate e un po’ lacunose anche le sequenze in cui si tocca brevemente il rapporto del gruppo con il chitarrista Danny Whitten, scomparso per overdose, e con lo storico produttore David Briggs: la sensazione è che la debolezza delle interviste sia la conseguenza della scelta precisa, e apprezzabile, malgrado comporti un po’ di noia come effetto collaterale, di evitare ogni atteggiamento di tipo aggressivo e interlocutorio nei confronti di un vecchio amico.
 
 
 
Year of the Horse - dvdIL DVD
Sfrontatamente girato in super 8! (ma anche in 16mm e Video Hi8) è il fiero messaggio a lettere maiuscole con cui si apre il documentario, al quale segue immediatamente il perentorio invito ad alzare il volume di un film “nato per essere rumoroso”. Si entra volentieri nello spirito selvaggio e immediato di un’esibizione dei Crazy Horse accettando di buon grado l’immagine video spesso sgranata e il montaggio tipico del dvd di un concerto a opera di Jay Rabinowitz, collaboratore abituale di Jarmusch (Ghost dog, Coffee and cigarettes, Broken flowers) che rispettano la tensione sul palco e il calore del pubblico e facendo buon uso dell’audio, come consigliato, disponibile in Dolby Digital 5.1 e 2.0.
Dispiace la mancanza di extra.
 
 
 

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