"La rabbia", di Louis Nero

La rabbia guarda certamente alle varie generazioni di registi votati non alla scrittura/struttura bensì all’improvvisazione, ma questo supposto amore per il cinema sembra privo di passione, e presto si trasforma in violenza omicida. A salvare lo spettatore, solo un'ironia interattiva

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Videoarte, teatro (Shakespeare, Brecht), pittura (Rembrandt, Magritte), atmosfere felliniane, doppie bambine à la Kubrick, palcoscenici ancora à la Kubrick, lontani echi di Spike Lee, tentativi di soluzioni narrative e di incubi in stile Lynch. A ben guardare c’è amore per il cinema in questo film di Louis Nero, figlio del regista e attore Franco, alla sua quarta prova dopo Golem, Pianosequenza e Hans. Un cast importante (Faye Dunaway, Philippe Leroy, Corso Salani) e una storia che è solo una traccia, quella di un giovane regista che rimbalza tra il suo mentore (lo stesso Franco Nero) e una fila di produttori e distributori disposti a tutto, fuorché a sostenere il suo progetto. La rabbia guarda certamente alle varie generazioni di registi votati non alla scrittura/struttura bensì all’improvvisazione, ma questo supposto amore per il cinema sembra privo di passione, soprattutto nella prima parte del film, e nonostante il titolo stesso. Piuttosto, è necessaria una certa dose di interattività: è lo spettatore che deve aggiungere al film la sua salvezza – l’ironia. Un’ironia affidata a una recitazione sopra le righe e a dialoghi assurdamente banali e dichiarativi è un’ironia troppo debole, che non funziona, che emerge solo in un paio di scene (quella del ciak e quella con Tinto Brass). Un amore per il cinema che presto diventa violenza omicida. Non si spiegano altrimenti: il richiamo alle suggestioni del cinema asiatico – silenzio e isolamento astrale nel pianosequenza iniziale, in interno – montato con la scena di un personaggio del tutto estemporaneo, tanto nella presenza quanto nelle battute, e dai tratti asiatici; l’elegia della musica come irrazionale, superfluo, non-economico, istinto tranciata dalla banalità estrema dell’immagine cinematografica (il vecchietto che suona la fisarmonica in strada). Non si spiega altrimenti neanche il finale, negazione del cinema stesso, scena che fa rimpiangere Carpenter e le sue interiora infilate in una macchina da presa. Il naturale ‘talento’ cinematografico della città di Torino solleva la pellicola nel suo momento migliore, quello della rapina – interessante connessione tra i media e il momento senza ritorno in cui l’aspetto economico fa il suo ingresso in scena. Ma non basta per evitare di chiedersi: dov’è la rabbia di Louis Nero?

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Regia: Louis Nero
Interpreti: Franco Nero, Nico Rogner, Faye Dunaway, Philippe Leroy, Tinto Brass, Corso Salani, Lou Castel
Distribuzione: L'Altrofilm
Durata: 104'
Origine: Italia, 2007

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