VENEZIA 65 – "Voy a explotar", di Gerardo Naranjo (Orizzonti)

Sempre uguali e sempre diversi sono gli adolescenti nel cinema di chi li racconta con la carne e il sangue: eccessivi e carichi come la luce e i colori con cui Gerardo Naranjo ne dipinge volti, luoghi e pensieri, con uno sguardo splendidamente crudele nel saper vedere la bellezza e la bestialità, il determinismo e la verità

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Guanajuato, quattrocento chilometri a nord-ovest di Città del Messico. La scrittura come abbandono: un piano di attacco e fuga, una lettera che sembra scritta col sangue e nel sangue, biglietti appallottolati e lanciati oltre la difficoltà delle parole e degli sguardi diretti. L'irripetibile della ribellione che si nasconde e palesa fiera in casa del nemico, della sigaretta in camera con la porta chiusa, della troppa felicità che viene dal totalizzante dell'inconsapevolezza. Sempre uguali e sempre diversi sono gli adolescenti nel cinema di chi li racconta con la carne e il sangue: magnifici nel loro essere inavvicinabili e incomprensibili, affascinanti nello slancio della loro irrazionalità, eccessivi e carichi come la luce e i colori con cui Gerardo Naranjo ne dipinge volti, luoghi e pensieri, stordenti come l'ironia con cui Voy a explotar rappresenta ogni patetico, parentale o mediatico tentativo di afferrarli. Scomodi, scomodi, scomodi. Così sono i due ragazzini (Juan Pablo de Santiago e Maria Deschamps) insieme e in fuga verso la capitale, Eldorado di abbandono e verità che per definizione non può essere raggiunto . Rispettati e amati alla follia dal loro regista in questo hottest state immortalato sullo sfondo suggerito della corruzione e delle contraddizioni del contesto (un padre è un deputato di destra in grado di convincere della propria buona fede anche la madre più disperata, l'altro è clandestino negli Stati Uniti), con uno sguardo che rimbalza forsennato dall'uno all'altro dei protagonisti perché la vita è solo là, tra loro, e non c'è bisogno di negare un resto a cui, semplicemente, non è dato di esistere. Uno sguardo a tratti documentaristico, a tratti tenero, sempre splendidamente crudele nel saper vedere la bellezza e la bestialità, il determinismo e la verità.
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