Il caso Baby Reindeer e il fact checking morboso di internet

La serie Netflix, scritta dal comico scozzese Richard Gadd, è divenuta immediatamente un caso mediatico per le ragioni sbagliate. L’ossessione del web per il fact checking al limite con la morbosità

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Apparsa su Netflix senza alcun segnale di preavviso e schizzata in testa alla classifica delle serie più viste del momento in pochissimi giorni, Baby Reindeer ha saputo accendere i riflettori sulla macro-questione della malattia mentale, riuscendo a raccontare eccellentemente questi temi. Ideata e scritta (anche vissuta, ma ne parleremo più avanti) dal comico scozzese Richard Gadd, la serie esplora gli argomenti citati con una precisione e un taglio chirurgico, e colpisce immediatamente per i sentimenti che riesce a restituire – sentimenti che arrivano a toccare delle corde intime in chi guarda, fino a smuovere qualcosa di autentico.

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Baby Reindeer narra della vicenda di stalking da parte di Martha Scott ai danni di un barista nonché aspirante comico scozzese di nome Danny. I due si conoscono nel pub nel quale Danny lavora, e la simpatia scatta istantaneamente. Ma ben presto il rapporto dei due cambia, e lo stalking di Martha si manifesta con la sua ossessiva presenza nella vita di lui, dalle migliaia di telefonate, mail, lettere e messaggi; fino addirittura al sabotaggio delle relazioni di Danny. Tra i maggiori pregi evidenziati dagli spettatori c’è sicuramente l’ottimo equilibrio che si viene a creare nel tratteggiare i problemi mentali dei due protagonisti. In Baby Reindeer infatti non esiste una distinzione netta e chiara tra bene o male, protagonista o antagonista. Anche Danny ha la sua grossa fetta di problemi mentali (depressione e stress post-traumatico). Ed ecco che quindi una volta venuto a contatto con Martha (plausibile portatrice di un profilo psicologico in linea con la personalità borderline) la descrizione dei due caratteri risulta ricca di sfumature. Non c’è mai una reale approssimazione, e la delicatezza del racconto è palpabile. A fronte di tutto ciò, purtroppo, il motivo per cui si è parlato della serie diretta da Weronika Tofilska e Josephine Bornebusch è tutt’altro che legato a delle ragioni di merito. Piuttosto, si Internet è esplosa una malsana e spasmodica ricerca della “vera” Martha …

Come accennavamo nell’incipit, Baby Reindeer è tratta da una storia realmente accaduta al comico scozzese Richard Gadd. Esso difatti è stato protagonista della vicenda di stalking raccontata nella serie. Dopo il rilascio e la larghissima diffusione però, l’utenza dei social media si è immediatamente prodigata nella ricerca della persona che ha stalkerato il comico. E anche se Gadd stesso ha ammesso che dei piccoli dettagli sono stati cambiati in fase di scrittura e realizzazione, la vicenda sembra attingere comunque moltissimo ad eventi realmente accaduti, e i tentativi di camuffare la veridicità dei fatti narrati si sono rivelati inutili. Per fare un esempio concreto, oltre le pseudo-diagnosi dei protagonisti apparse su Tik Tok, sullo stesso social è divenuto virale un vecchio video di una esibizione di Gadd, nel quale si sente distintamente la fragorosa risata della reale Martha. La perversione dell’utenza su Internet si sta facendo preoccupante, se pensiamo che l’identità della stalker del comico scozzese è saltata inevitabilmente fuori, divenendo vittima di violente e aggressive shitstorm.

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Per favore, non speculare su chi potrebbero essere le persone della vita reale. Non è questo lo scopo del nostro show” ha detto Richard Gadd su Instagram. La vicenda (anche giudiziaria) viene raccontata abbondantemente dal Guardian, attraverso un articolo che sembra interrogarci anche sulle responsabilità dell’autore. Quest’ultimo infatti, nonostante le sue dichiarazioni postume nelle quali spiega che ha cercato in tutti i modi di proteggere l’identità della stalker, viene tacciato di opportunismo. Dal momento che l’adiacenza con la reale storia è così forte, forse sarebbe stato meglio adoperarsi ulteriormente per disperdere le tracce e i rimandi a una persona realmente esistente. “Anche alcuni fan dello show pensano che se il rischio di ritorsione era così forte, sarebbe stato meglio non produrre affatto lo show”, si legge sul Guardian.

Ad ogni modo, questo sembra essere l’ennesima dimostrazione di un Internet fallimentare e lontanissimo dalle idee di comunità reali che si fanno forza e condividono valori “sani”. Le piattaforme – e l’impaludamento dell’utenza – raccontano benissimo un presente nel quale l’ossessione passa di account in account fino a intaccare, tristemente, le vite di persone nel mondo reale. Sembra fallita l’idea di surplus cognitivo in chiave positivistica (idea secondo cui la coesione delle community può portare sviluppo e crescita attraverso Internet), e il vuoto è stato definitivamente colmato da un ribaltamento di idee losche e negative. Questo di Baby Reindeer è un altro triste capitolo della Storia del Web, che spiega benissimo la piega distopica che possono prendere le informazioni, le intenzioni e le storie nell’Internet odierno. Un internet che è sempre più necessario rifondare.

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