BERLINALE 65 –Gone with the bullets (Yi bu zhi yao), di Jiang Wen (Concorso)

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Cinema di trasparenza sorgiva, da naso all’insu, e insieme di sentimenti e passioni ad altezza del cuore: Jiang Wen realizza il suo Un sogno lungo un giorno, un incendio assoluto di ogni confine del set, spazio dichiarato e struttura a vista di ognuna di queste immagini. Siamo davvero dalle parti di Perhaps, Love, con trucco 3D di consapevolissima espansione verso la quarta dimensione

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http://i.luxury-insider.com/uploads/news/2014/12/giorgio-armani-collaborates-with-jiang-wen-on-gone-with-the-bullets_2.jpg?width=600Let the bullets fly, il blockbuster diretto da Jiang Wen e interpretato insieme ad un impagabile Chow Yun-fat, ha segnato nel 2011 per l’autore dell’amatissimo The sun also rises un successo mastodontico, raggiungendo il record di film piu’ visto in sala della storia dell Cina.
Il film, una commedia gangsteristica ambientata negli anni ’20, era una girandola sfrenata di tranelli e doppiogiochismi a ritmo elevatissimo, che non pareva pero’ raggiungere il livello di ebollizione che Jiang Wen sa toccare quando e’ lasciato davvero a briglia sciolta.

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A dargliene nuovamente la possibilita’ ci pensa questo secondo capitolo di quella che ha assunto dunque i contorni di una vera e propria “Bullet trilogy”: Gone with the bullets, che sposta il fulcro dell’azione nel mondo dello spettacolo di Shangai, tra folli concorsi di bellezza, messinscene teatrali triviali e i primi esperimenti con le armi del cinema.
Ritroviamo in scena la coppia di faccendieri truffaldini Jiang Wen e You Ge, e siamo subito davanti anche questa volta ad una vetta per la fantasia dirompente di Jiang Wen, che qui realizza il suo Un sogno lungo un giorno, pazzesca esplosione dell’universo cinefilo di aperto riferimento hollywoodiano (il musical, il gangster movie, il film fantastico, la screwball, ma anche proprio la comica muta…) in un incendio assoluto di ogni confine del set, spazio dichiarato e struttura a vista di ognuna di queste immagini, destinato istantaneamente a brillare nel toni accesissimi del trucco in 3D come quarta dimensione, consapevolezza e matericita’ dello studio di posa esondato, le cui pareti si espandono verso infinito.

Una concezione vertiginosamente autoriale sposata all’intento di costruire una giostra industriale sbancabotteghini per il pubblico asiatico: a consigliare di studiarne ogni invenzione, ogni trovata, ogni sequenza bislacca e meravigliosamente scardinata, basterebbe questo.
L’abissale series of dreams che prende il via nel bel mezzo del litigio tra Jiang Wen e Shu Qi si trasforma in una notte di attraversamenti di mille mondi possibili, e ognuno rimanda a altrettante storie del cinema…siamo davvero dalle parti di Perhaps, Love di Peter Chan, e dire che Gone with the bullets vorrebbe raccontare il caso irrisolto di omicidio che porto’ alla realizzazione del primo film della storia dell’industria cinematografica cinese, ovvero una ricostruzione voyeuristica del delitto interpretata dallo stesso presunto assassino, il quale partecipando alla lavorazione della pellicola, ha cosi’ ottenuto uno sconto sulla pena.

Eccolo l’animo dolente nascosto sotto ai capitomboli, ai botta e risposta con doppiosenso goliardico: la seconda fuga del film, che replica per il protagonista Ma Zouri quella iniziale, stavolta al fianco di una nuova donna, Zhou Yun, si rivela in questo modo il tentativo folle di sfuggire all’ineluttabile tragico finale che puntualmente tronca queste corse, circolari come la dimensione di un film. E lo sguardo di Jiang Wen (con il suo corpo attoriale tutto…) lievita ancora una volta, in un inseguimento entr’acte che raggiunge gli istanti di astrazione piu’ pura di The sun also rises, e che non a caso si conclude alla luce di un’alba, e per l’appunto in volo. Cinema di trasparenza sorgiva, da naso all’insu, e insieme di sentimenti e passioni ad altezza del cuore.

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