Il ricco, il povero e il maggiordomo, di Aldo, Giovanni e Giacomo e Morgan Bertacca

Il ricco, il povero e il maggiordomo
Tornano al cinema Aldo, Giovanni e Giacomo proseguendo il cammino intrapreso con La Banda dei Babbi Natale in un’altra favola natalizia che ne esalti i rispettivi caratteri comici. Al netto dei limiti di sceneggiatura e di qualche evidente meccanicità nelle tipizzazioni, rimane un film che possiede un’anima e una precisa idea di cinema messe in scena con sincerità da comica delle origini

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C’erano una volta (anzi, ci sono oggi…) un ricco, un povero e un maggiordomo. Dopo ben quattro anni di assenza dal grande schermo tornano al cinema Aldo, Giovanni e Giacomo, proseguendo il cammino intrapreso con il precedente La Banda dei Babbi Natale e imbastendo un’altra favola natalizia che esalti i rispettivi caratteri comici. Aldo (il povero ambulante) è l’anima anarchica del trio, colui che irrompe nelle situazioni e devia il percorso prestabilito terremotandolo; Giacomo (il ricco finanziere) è da sempre il classico “comico bianco”, che con la sua pedanteria e seriosità incarna il risvolto bozzettistico della nostra società; Giovanni (il maggiordomo zen che prende coscienza di classe per amore di una bella cameriera venezuelana) è l’anima assurda e non-sense, quello che attua esilaranti intermezzi autosufficienti nella “narrazione” del trio. La formula è rispettata anche qui, i ruoli ben assegnati, ma cosa muta allora? Diciamo che questo è il film di Aldo, Giovanni e Giacomo “al tempo della crisi”: il ricco cade in disgrazia per scellerati investimenti finanziari e il povero diventa ancora più povero e torna alle sue origini, la casa materna, facendo rinascere una comunità. L’incontro tra questi tipi, quindi, fa esplodere la loro consueta comicità fatta di fisicità esasperata e paradossi verbali (sempre garbati), anche se nella lunga prima parte del film si avverte anche tutta la stanchezza di formule ormai collaudatissime. E se i due opposti Aldo e Giacomo fanno una certa fatica a carburare, allora resta Giovanni l’unico che strappa qualche sana risata nel suo assurdo ruolo di cerniera tra i due con tanto di katana e preghiere rituali.

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Dalla crisi e dalle pesanti maschere, però, si emerge pian piano con l’umanità. Ecco che nella seconda parte (certamente più riuscita), quando i tre evadono dai loro ruoli prestabiliti e si “incontrano” a casa di Aldo, il film diventa un’amabile favola dei piccoli sentimenti che (come al solito per i tre) strizza l’occhio al cinema che più amano: di nuovo citazioni evidenti ai film di Tarantino come i piedi di Death Proof, l’entrata in scena dell'efficace Francesca Neri alla Kill Bill o la liberazione di Giovanni dalla schiavitù alla Django. Tra equivoci e scambi di identità, pertanto, tutto come previsto. Ma c’è qualcosa in più: questo è un film che opera un sottile discorso sullo statuto odierno dei comici tradizionali nel nostro cinema. Esattamente come il Verdone di Sotto una buona stella il trio si denuda nelle fragilità attuali, sussume nel film la “morte” di un personaggio da subire ed esorcizzare (rarità per il genere, ma interessantissima come riflessione in tanto cinema comico di oggi) e cerca di imporre una comicità slapstick dal gusto decisamente retrò confessando l’orgogliosa non conformità ai canoni delle commedie attuali. Ecco allora: al netto dei limiti di sceneggiatura e di qualche evidente meccanicità nelle tipizzazioni, il film possiede un’anima e una precisa idea di cinema messe in scena con sincerità e purezza da comica delle origini. Ed è questa, forse, la risposta alla crisi firmata da Aldo, Giovanni e Giacomo.

Interpreti: Aldo, Giovanni, Giacomo, Giuliana Lojodice, Francesca Neri

Regia: Aldo, Giovanni e Giacomo e Morgan Bertacca

Origine: Italia, 2014

Distribuzione: Medusa Film

Durata: 102'

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