Asian Film Festival – Nobuhiro Yamashita a Roma

Ritratto del cineasta giapponese ospite della rassegna in corso all’Apollo 11, dal cult Linda Linda Linda ai due titoli presentati a Roma, Misono Universe e Over The Fence

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E’ iniziata giovedì la quindicesima edizione dell’Asian Film Festival, breve ma ricchissima rassegna sul cinema orientale che ha luogo al Cinema Apollo 11 di Roma.
Una quattro giorni con incontri e dibattiti su autori come Lai Kuo-An, Sonny Calvento e Edmund Yeo, con la presenza in sala del regista giapponese Nobuhiro Yamashita, di cui vengono proposti Misono UniverseOver the Fence.

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Sì, ma come fare per non arrivare impreparati all’incontro con questo film-maker classe 1976? Come recuperare più materiale possibile entro la fine del festival, nonostante l’apparente ostracismo distributivo che spesse volte colpisce il cinema orientale? Perché sia chiaro, anche online di informazioni biografiche ce ne sono un po’ poche e pure le versioni giapponesi o coreane di Wikipedia non soddisferanno la vostra sete di sapere. Ammesso che sappiate il giapponese o il coreano…
Allora partiamo dalle cose semplici: i film. Perché a discapito della giovane età, Nobuhiro Yamashita già firmava un cult quando di anni ne aveva ancora 29. Il lavoro in questione era Linda Linda Linda, presentato in Italia al Far East di Udine nel 2006 e ritenuto ancor oggi il più significativo tra i suoi lungometraggi. Già in Linda Linda Lindateen movie su una band che deve prepararsi ad un festival rock per liceali – si intercettava infatti una grammatica filmica che i più smaliziati paragonarono a Jarmusch e Kaurismäki, al servizio di una storia che, tramite i suoi protagonisti, raccontava un Giappone assai più vicino ai college americani che alla tradizione dei samurai. E non a caso la colonna sonora del film era firmata da James Iha degli Smashing Pumpkins.

Nobuhiro Yamashita

Linda Linda Linda

Il 2006 è stato un anno particolarmente pieno per Yamashita, impegnato prima con The Matsugane Potshot Affair, thriller poliziesco che lo vede accreditato anche in sceneggiatura, poi con Ten Nights of Dreams, lavoro collettivo di undici registi (tra cui Kon Ichikawa e Takashi Shimizu) che adattano l’omonimo romanzo di Natsume Sōseki.
Legame stretto con la narrativa giapponese che continua anche l’anno successivo, quando ad essere tradotto in lungometraggio è il shōjo manga A Gentle Breeze in the Village di Fusako Kuramochi. In questo caso però del Giappone occidentalizzato di Linda Linda Linda non resta quasi nulla e, nonostante la storia si ambienti comunque in una scuola, a farla da padrone è un clima scintoista in cui di amore si parla ancora con timidezza.

Con i suoi film insomma Yamashita racconta un Paese dalle forti contraddizioni, il cui tessuto sociale si ritrova spesso in situazioni conflittuali e di vera e propria alienazione. E’ il caso di Kueki Ressha o ancor di più del successivo Moratoriamu Tamako, in cui la protagonista (la Atsuko Maeda di Seventh Code) dopo essersi laureata a Tokyo ritorna nel suo paesino natale, rimarcando il perenne conflitto tra villaggio e metropoli.
Ed in questo eterno rimbalzare tra città e campagna, Yamashita nel 2013 ritorna ad Osaka, città in cui si era laureato, per raccontare una storia che ha di nuovo a che fare con la musica rock.

Nubohiro Yamashita

Over The Fence

Misono Universe ripropone infatti l’idea di performance come rito d’iniziazione proprio come accadeva in Linda Linda Linda. Ad essere differente è invece è il taglio con cui il regista decide di presentare «Pochi Otoko», il loser in preda alle amnesie che si ritrova catapultato in una rockband. Un film fatto di particolari attenzioni scenografiche e di un montaggio che dilata notevolmente il tempo della narrazione, così segnando la definitiva maturità artistica del suo autore.
Più turbolenta e dinamica diventa  invece la macchina da presa in Over The Fence. I continui piani sequenza, che ancora una volta riducono la presenza del montaggio al minimo indispensabile, raccontano la storia di un operaio che dopo aver divorziato torna nel suo paesino d’origine e fa la conoscenza di una donna sui generis. Interpretato da un Joe Odagiri che ricorda non poco l’Adam Driver di Paterson, Over The Fence – termine preso dal baseball per dire «fuoricampo» suggerisce un ritorno alla tematica della contaminazione tra Giappone e mondo occidentale, affrontata mai da Yamashita in senso disfattista, ma anzi intesa come opportunità per regalare un riscatto ai suoi personaggi sempre un po’ sfigatelli e borderline.   

   

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