Bellaria35 – ‘A faccia, Da Cremona a Cremona, Imma, Le scandalose

Fabrizio Livigni, Maria Averina, Pasquale Marino, Gianfranco Giagni: i protagonisti della giornata al festival di Bellaria

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Con ‘A faccia di Fabrizio Livigni la terza giornata si apre nuovamente con uno sguardo sul sud, dopo la chiusura siciliana de Le canzoni. Questa volta siamo a Napoli, per la precisione nei Quartieri Spagnoli. Livigni mostra le piccole realtà che muovono il quartiere, ma la sua è una narrazione muta e senza parole. La via è quella dell’osservazione imparziale; la storia è costituita dalla libertà di movimento di chi si trova in scena. Così papere invadono il quadro sculettando, motorini svicolano e si muovono dietro la macchina da presa. “Ho scelto il punto di vista e poi ho lasciato che Napoli si manifestasse da sola. Ho scelto la distanza, Napoli è una città già molto enfatica di suo, non volevo aggiungere altro” racconta Livigni all’incontro. I personaggi e la città irrompono nel quadro, il regista è immobile dietro la macchina, la sua idea di base risiede nella semplice e potente decisione di riprendere. Il risultato è  un aggrovigliamento di dettagli che riempiono ogni strada ed ogni spazio, di conseguenza lo sguardo si perde in confuse e conturbanti visioni. Al centro dei dettagli si muovono gli abitanti impegnati a rendere i Quartieri un posto migliore. Fra tutte spicca Salvatore, falegname del quartiere che oltre a trasformare materiali di scarto in funzionali opere d’arte  decide di restaurare un famoso murales di Maradona, regalandogli una faccia, ormai vittima del tempo e bersaglio delle armi dei camorristi.  Il messaggio è potente e se a tratti ‘A faccia non sprigiona a dovere la sua forza, il quadro finale è d’impatto e a suo modo dolce come i rumori della città partenopea.

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cremona

In concorso Casa Rossa Art Doc viene proiettato Da Cremona a Cremona della regista bulgara Maria Averina. Il titolo è curioso, non ci sono due Cremona e non si tratta di un giro a vuoto nella stessa città. La fabbrica “Cremona” è una fabbrica di violini bulgara. E proprio attorno ai violini gravitano i personaggi del film: una coppia di liutai bulgari trasferitasi a Cremona, un ragazzo che sta per partire per la stessa città, una ragazza che ha perso la passione nel produrre in serie sempre le stesse parti del violino. Da questi personaggi emergono, in una strana confusione, fin troppi temi: la questione razziale, la nostalgia del proprio paese, informazioni storiche relative al mestiere e alla città italiana dei liutai, la dicotomia fra arte e artigianato e soprattutto il contrasto fra la produzione in serie e quella del piccolo artigiano. Ma niente di tutto ciò ermerge a gran voce, ogni tema rimane strozzato laddove forse era meglio concentrarsi sulle immagini. Decidere magari, di raccontare meno per raccontare tutto; limitare i dialoghi e lasciar suonare i violini e gli scalpelli che ne formano il corpo.

Al Cinema Astra si ritorna inevitabilmente alla sezione Italia Doc con Imma di Pasquale Marino. Imma è Imma Di Ninni concorrente e vincitrice di Un Due Tre Stalla, reality del 2007. Dopo la fama iniziale, l’attrice cade nel dimenticatoio ed entra in una profonda crisi esistenziale. All’interno del documentario incontra gli sceneggiatori del documentario stesso, e si entra piacevolmente in una curiosa metarappresentazione.

le scand

Arriva il momento della Grande Storia con Le scandalose. Women in crime di Gianfranco Giagni. Attraverso l’uso delle splendide immagini dell’Istituto Luce, Giagni e le due sceneggiatrici, Patrizia Pistagnesi e Silvana Mazzocchi ripercorrono la storia della cronaca nera al femminile collocandola nel quadro generale dell’Italia post fascista e degli anni di piombo. Le immagini della donna perfetta e felicemente casalinga entrano in contrapposizione con le vicende di cronaca nera, che dopo gli anni di censura nell’informazione fascista torna alla ribalta nei giornali. Dalla Saponificatrice di Correggio a Lidia e Franca Cataldi, da Pupetta Maresco a Doretta Graneris, è facile perdersi nelle immagini di archivio dell’Istituto Luce, così come negli estratti di giornalisti dell’epoca letti da Claudio Santamaria.
Ma la visione totale risente del rischio maggiore della manipolazione di immagini di archivio: quello di creare un collage da cui emerge un percorso semantico troppo invadente, una linea narrativa in cui si avvertono estremamente le intenzioni di chi ci guida. Il risultato è uno sconfinamento della volontà del regista nel guidare il pubblico verso precise conclusioni, soprattutto quando si sceglie di contrapporre le immagini odierne alle immagini di archivio.

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