"La guerra dei fiori rossi" di Zhang Yuan

Come una favola a volte, "La guerra dei fiori rossi" vola per fuggire e si accascia sulla fredda e antica pietra del passato, per rendersi quasi invisibile, per mimetizzarsi, interrogare la storia e da essa essere interrogata. Apparenza e soltanto un fremito fugace, improvviso, nel solco di "Zero in condotta" e "I 400 colpi"

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Tratto dal romanzo di uno dei più importanti scrittori cinesi dissidenti contemporanei, Wang Shuo e prodotto da Marco Müller, La guerra dei fiori rossi (presentato allo scorso Festival di Berlino, miglior regia ad Alba e Premio Robert Bresson 2006) sembra essere solo apparenza, soltanto un fremito fugace ed improvviso nel solco di Zero in condotta e I 400 colpi. Zhang Yuan fa parte di quella schiera di regista (tra cui vi è anche il vincitore di Venezia 63, Zhangke) indipendenti che fanno lunghi giri intorno alle strette maglie della censura, prima di approdare all'opera definitiva, compiuta. Cercano a volte anche la produzione internazionale per sfondare oltre i propri confini e spesso giungono da noi sfiancati, con la semplice preoccupazione di essere compresi. Non è il caso dell'autore dello stupendo Still Life, che presto uscirà in sala, e fortunatamente non lo è completamente anche per Zhang Yuan. Autore del fortunatissimo Diciassette anni (prodotto sempre da Marco Müller), film del 1999 e vincitore  del Leone d'Argento  a Venezia nello stesso anno, il regista cinese del realismo urbano, ha deciso di "chiudersi" in un asilo nido (ricostruito completamente in una ex caserma militare), in mezzo a ben 135 piccoli attori, tra i quattro e i cinque anni. Tra costoro c'è il ribelle Fang Qiangqiang in continua lotta con i cosiddetti ingegneri di anime della Repubblica Popolare. Non è un vero inferno quello filmato dal regista, capace di dosare e calibrare gli aspetti più distorti e devastanti della rigida educazione impartita da certi ambienti istituzionali. Non vi è la banale e scontata drammatizzazione narrativa e visiva, ma una ponderato quanto inatteso concepimento animato. Del resto sembrano essere più evidenti le similitudini ambientali con l'occidente, che le differenze. Forse oltre il tentativo di una apologia del potere, oltre lo sforzo di voler creare un mondo in cui non vi è mai un riferimento esplicito al tempo e allo spazio, ciò che più resta è la tendenza all'escursione, al voler uscire e perdersi senza un'effettiva consapevolezza. La libertà è contro il controllo, l'individuo è contro la massa, non è vero che l'infanzia è il periodo più felice della vita. Lo è per chi non ha mai pensato di essere sempre stato un po' vecchio, lo è per chi crede di essere schiacciato dal peso di un anno in più. Come una favola a volte, La guerra dei fiori rossi  vola per fuggire e si accascia sulla fredda e antica pietra del passato, per rendersi quasi invisibile, per mimetizzarsi, interrogare la storia e da essa essere interrogata.

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Titolo originale: Little Red Flowers
Regia: Zhang Yuan
Interpreti: Dong Bowen, Ning Yuanyuan, Chen Manyuan, Zhao Rui, Li Xiaofeng, Sun Yujia, Du Ma


Distribuzione: Istituto Luce
Durata: 90'
Origine: Cina, 2006

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