"L'ultimo inquisitore", di Milos Forman

Né biografia di Francisco Goya né storia dell'Inquisizione Spagnola: piuttosto l'amara osservazione della follia dell'uomo da parte di un artista anziano, che registra sulla pellicola le angosce e le miserie umane. E' questo, sette anni dopo "Man on the Moon", il ritorno al cinema di un Forman ormai settantacinquenne

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Un cane randagio si muove con passo incerto. La cinepresa, ad un metro d'altezza da terra, lo inquadra per due secondi: il tempo di registrare il distacco dalle angosce e miserie umane tra cui l'animale si trova a razzolare. L'Età dei Lumi, la Rivoluzione Francese: nuove visioni, nuove parole d'ordine serpeggiano tra la gente comune; ma prima che ragione ed eguaglianza possano imporsi, alleviando le sofferenze dei popoli europei, occorreranno secoli. A cavallo tra diciottesimo e diciannovesimo secolo, gli echi degli ultimi rantoli dell'Inquisizione Spagnola risuonano ancora nelle coscienze, confliggendo con le lusinghe di una modernità che è, soprattutto, il portato di enormi sconvolgimenti economici.
E' questo, sette anni dopo Man on the Moon, il ritorno al cinema di un Forman ormai settantacinquenne. Lo sguardo si incentra su tre personaggi: un ambiguo sacerdote, la giovane figlia di un mercante facoltoso, un pittore di chiara fama. Ruoli ai quali è facile concatenare simbolicamente le ambivalenti pulsioni interiori tra conservazione e cambiamento, mosse da un fattore di rottura quale l'avvento del "nuovo" ed osservate da un occhio sensibile; il quale, però, è impotente nel determinare e modificare il flusso degli eventi. Perché, in effetti, L'ultimo inquisitore non è un film su uno dei tanti Torquemada che hanno popolato, come demoni ripugnanti, gli incubi di migliaia di vittime dei tribunali ecclesiastici nel corso di settecento anni di storia; e non è neanche – come suggerisce il titolo originale, che riprende quello del romanzo scritto dallo stesso Forman e da Jean-Claude Carrière – una biografia di Goya, i cui fantasmi appaiono in realtà assai nitidamente nei primissimi piani della sequenza d'inizio. E' piuttosto l'amara osservazione – condotta da un Forman anziano, che sceglie il pittore spagnolo come testimone del proprio sguardo d'artista – delle mille strade percorse dalla follia dell'uomo, registrate sulla tela, come sulla pellicola, da talenti dotati di una sensibilità superiore. Una percezione intuitiva tanto profonda da permettere loro di penetrare la realtà oggettiva, non la sua sembianza trasfigurata dal desiderio, e di palesarla in opera d'arte; ma non abbastanza coraggiosa da incidere su di essa e modificarla.

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Titolo originale: Goya's Ghosts
Regia: Milos Forman
Interpreti: Javier Bardem, Natalie Portman, Stellan Skarsgard, Randy Quaid, Michael Lonsdale, Josè Luis Gomez, Blanca Portillo
Distribuzione: Medusa
Durata: 115'
Origine: Spagna, 2006

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