Macbeth Neo Film Opera, di Daniele Campea

Esordio alla regia, di ampio respiro e al tempo stesso manifesto di un genere, il ‘neo film opera’, fondato sull’esaltazione dei rapporti tra musica e immagine. Da Shakespeare a Giuseppe Verdi

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Dalla tragedia di William Shakespeare. Macbeth ascolta la profezia delle tre streghe che gli annunciano l’imminente conquista del trono di Scozia, precipitandolo in una spirale di violenza, solitudine e follia senza ritorno. Una nuova visione del capolavoro di Shakespeare, in un incontro tra cinema, teatro e opera. Scenari post industriali dal gusto steampunk incorniciati da un bianco e nero “espressionista” delineano chiaroscuri, ombre e ambientazioni allucinate; musiche di Giuseppe Verdi e inserti sperimentali scandiscono un legame inscindibile tra suono e immagine; un Macbeth inedito, per la prima volta sullo schermo interpretato da una donna, plasma un personaggio androgino, sospeso in un mondo da incubo e divorato dalla solitudine. Daniele Campea (6 ottobre 1982) è regista, compositore e sceneggiatore, laureato in Filosofia contemporanea, ed è al suo primo lavoro per il cinema (presentato in anteprima alla 63° edizione del Taormina FilmFest) di più ampio respiro e al tempo stesso il manifesto di un genere, il ‘neo film opera’, fondato sull’esaltazione dei rapporti tra musica e immagine e la ricerca di un potente impatto emotivo. Welles, Kurosawa, Polanski, Bela Tarr e  Carmelo Bene, e soprattutto quest’ultimo è palesemente richiamato dall’autore.

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Le parole del regista: “I primi piani, che scrutano la psiche dei personaggi, si alternano a immagini della natura di ampio respiro, per sottolineare la provvisorietà dell’uomo e delle sue ambizioni di fronte a ciò che lo circonda e lo sovrasta. La struttura portante del film si basa sull’utilizzo del montaggio e dei suoni, in un rapporto inscindibile: la musica non si limita a fare da colonna sonora alle immagini, ma le immagini stesse creano una “colonna visiva” per le musiche, la recitazione si basa su precise scansioni ritmiche e ogni elemento sonoro si amalgama completamente con la sua controparte visiva. Uno dei maggiori riferimenti per questa nuova interpretazione è l’antica tragedia greca, nella quale parola, musica e danza raggiungono la massima simbiosi”. È sempre assai temibile confrontarsi con il melodramma operistico da trasporre al cinema. Giuseppe Verdi, con la sua visione teatrale del melodramma, giunge a piena consapevolezza e la musica viene scritta come fosse tagliata a misura sui personaggi e sulle loro imprese. Lontano dalle dispute ideologiche sui rapporti fra musica e parola, o fra tipi di canto tradizionali e innovativi, Verdi è riuscito ad inventare una formula nella quale tra vicenda rappresentata e musica si cementa un’unità perfetta, tradotta in gesti musicali essenziali e coinvolgenti. Domina per questo, nelle sue opere, una stupefacente economia, vale a dire un perfetto dosaggio tra i mezzi musicali dispiegati e il risultato drammatico da ottenere.

Niente da eccepire sulle ambizioni artistiche dell’opera, capace di insinuarsi tra due mostri: Daniele Campea rende “filmico” ciò che Verdi avrebbe carpito da Shakespeare. In teatro (e di riflesso, al cinema…) si può seguire un carattere nelle sue più intime manifestazioni, in tutto il suo corso delle sue passioni che da apparente equilibrio morale lo trascinano ai più tragici eccessi, e giustificare musicalmente questo trapasso, non limitarsi a farne risaltare i poli estremi. Il cinema potrebbe, o dovrebbe allora, (de)scrivere un’opera non soltanto attraverso coloriture di fatti che avvengono sulla scena per poi sfogare in felici effusioni liriche alcune situazioni culminanti. Il film è stato realizzato in maniera indipendente e con un budget ridotto, girato per la maggior parte in un’ex fabbrica abbandonata nel comune di Popoli e in varie location all’interno dei parchi naturali d’Abruzzo in soli otto giorni di riprese, aspetti emblematici per decifrare ancora meglio quell’oscurità di tenebra, come manto che avvolge le immagini, uno sfondo solo a tratti rischiarato da luci sinistre, così prossime ad un destino che si affretta a precipitare, anche quando sembra rallentare, verso la sua fine. Tutti i discorsi sulla fruizione e le effettive complicanze per la collocazione spaziale di questo lavoro, riguardano, poi, un capitolo a parte…

 

Regia: Daniele Campea
Interpreti: Susanna Costaglione, Franco Mannella, Irida Gjergji Mero, Claudio Di Scanno
Distribuzione: Distribuzione indipendente
Origine: Italia 2016
Durata: 50’

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