#RomaFF12 – Borg McEnroe. Incontro con Janus Metz

All’incontro con la stampa, il regista americano è chiaro: questo film non è sul tennis, ma sulla condizione umana e le sfumature dei personaggi. Il pubblico, però, non la pensa così.

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“Borg McEnroe non è un film sul tennis”. Anche se ci racconta la vita di due dei più grandi tennisti di tutti i tempi. Anche se segue ossessivamente la storica partita tra Björn Borg (interpretato da Sverrir Gudnanson) e John McEnroe (Shia LaBeouf) nella finale di Wimbledon 1980, quando lo svedese vinse 8-6 dopo una elettrizzante e infinita battaglia. Anche se trascorriamo quasi metà del film guardando la palla da tennis muoversi da un lato all’altro, come se fossimo parte della folla al Centre Court. Ma l’ultima parola appartiene al regista Janus Metz, che all’incontro stampa di Borg McEnroe insiste a distogliere l’attenzione dallo sport e portare oltre il suo film: “Questo è un film sulla condizione umana. Quello che mi ha interessato della sceneggiatura non è stato mai il tennis ma vedere come le persone si possano spingere per raggiungere un obiettivo, un sogno, e diventare campioni mondiali. È un’immersione nella mente delle persone che trovano l’unica felicità nel vincere e anche un ritratto della mascolinità nella nostra società. Poi, mi è sembrato interessante confrontare due giocatori che provengono da società cosi diverse, quella svedese, più discreta e dove tutti devono essere uguali e quella americana, dove si cerca di esaltare l’individualità come valore essenziale”.

Oltre alla volontà d’indagare nella natura umana e fare un ritratto di due personaggi complessi, l’interesse dei presenti continua a tornare al tennis e alla sfida di ricostruire una partita che ormai è diventata mitica. Riguardo a questo, il regista ci racconta: “è stato un po’ terribile provare a mettere in scena una parte così lunga della sceneggiatura, dove nessuno parla, e farla diventare dinamica e divertente! Gli attori si sono allenati per sei mesi per rendere la partita il più reale possibile, la verità è che loro non giocano mai ma ballano, seguono una coreografia. Entrambi avevano una controfigura. È un grandissimo lavoro, ricreare il gioco, lo stadio, l’atmosfera. L’immagine e il suono hanno avuto un grande ruolo perché questi strumenti messi insieme possono aiutare tanto a rendere l’effetto voluto riguardo al ritmo e ai movimenti. Abbiamo dovuto esplorare scientificamente il tennis, il gioco e i personaggi. Alla fine abbiamo avuto un bel feedback, tanto Roger Federer come lo stesso Borg ci hanno detto che sembrava molto reale”, dice Metz, fiero, mentre gli spunta un bel sorriso. Anche se il film non tratta di tennis.

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A questo punto, i nomi di Björn Borg e John McEnroe sono venuti a galla tante

borgmcenroe_cover-1volte, che parlare della loro presenza nel film sembra il flusso naturale a seguire. “Sin dall’inizio abbiamo cercato di coinvolgere entrambi tennisti ma è stato molto difficile raggiungerli, non ci riuscivamo proprio. Poi è successa una cosa molto particolare: Leo Borg, il figlio di Björn Borg, è venuto a fare il casting per interpretare il ruolo di suo padre da bambino. All’inizio ho pensato che non fosse una cosa bella perché Björn sarebbe stato tutto il tempo lì, a controllare il film. Ma alla fine è stata una bellissima scelta, lui è meraviglioso, espressivo, si riesce a vedere tutto nei suoi occhi. Björn ci ha aiutato tantissimo e anche è stato coraggioso, perché il film lo mette molto in gioco e mostra anche degli aspetti oscuri della sua personalità. Mentre il figlio recitava, lui ci diceva che era come vedere se stesso da giovane, una cosa molto bella”.

Gli piacerebbe fare un film sulla rivalità tra Federer e Nadal?, domanda qualcuno. “Questa è una domanda che mi hanno fatto un sacco di volte, ma non li conosco bene e la verità è che non mi sembrano dei personaggi così interessanti o complessi. Forse più avanti qualcuno scoprirà qualcosa su di loro, ma di solito l’interesse arriva con la distanza storica. In questo caso mi sembrava particolarmente interessante raccontare una storia successa negli anni 80, con i giocatori di quel tempo, il loro modo di giocare e le problematiche sociali e culturali di allora.”

Per finire, un po’ più di indagini sulla condizione umana e la psicologia dei personaggi. Proprio come piace al nostro Janus: “Borg è molto interessante come personaggio perché è riuscito a controllare e canalizzare la sua rabbia, quella che aveva sin da piccolo, nel gioco. Lui è sempre stato uno molto sensibile, riservato, ossessivo/compulsivo. Proprio per questa intensità ha dovuto smettere di giocare dopo i 26 anni. Invece McEnroe è diverso, aveva un contesto familiare differente, una cultura differente, e lui ha usato la sua rabbia per essere un giocatore migliore”.

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