12/5/2006 – Il cinema italiano guadagna il 30% del box office

Per i critici, però, preoccupano la debolezza dell'industria, la carenza di fondi, la mancanza di una window e il rapporto con l'informazione

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Ad aprile, secondo i dati Cinetel, i biglietti staccati nelle sale cinematografiche italiane sono stati 9,7 milioni, il 41,4% in più rispetto all'aprile 2005. In particolare, prosegue l'andamento positivo dei film italiani che, al 7 maggio, si attestano al 30% del box office, peraltro in calo rispetto al 35% registrato a fine marzo.

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"I successi al botteghino di questi mesi non vanno considerati nel breve periodo, ma in una prospettiva più ampia – afferma, sul Giornale dello Spettacolo, Fabio Ferzetti, de Il Messaggero -. Il cinema italiano si sta impoverendo di talenti che non lavorano più o lavorano poco, e non mi riferisco solo ai livelli alti di un Marra, di un Patierno, o di un Puglielli, ma anche al buon cinema medio, come quello di Alessandro Benvenuti. Si ragiona solo per grandi incassi: le nuove norme legislative hanno causato una diminuzione nella produzione, se questo è stato un bene per scremare tanti film "inutili", è un fatto pericolosissimo per il panorama produttivo italiano. Meno film uguale più film di qualità è un'equazione che non funziona". Per Paolo Mereghetti, del Corriere della Sera e autore del Mereghetti – Dizionario dei film, occorre una riflessione di tutte le categorie del cinema, dalla produzione, alla distribuzione, all'esercizio: "il cinema italiano non riesce a svilupparsi dal punto di vista industriale, restando ancora a una logica "bottegaia". Appena le cose vanno un po' meglio, ci si dimentica che ci sono problemi di più ampio respiro. Come quello della window: siamo forse l'unico paese in Europa, dove non si è ancora deciso nulla su date e regole". Anche per Maurizio Cabona, de Il Giornale, il cinema italiano "non è riuscito, se non episodicamente, ad essere un'industria. Se si esclude il periodo dalla fine degli anni '50 all'inizio degli anni '80, è ricaduto in una dimensione artigianale-sovvenzionata, o, quando le sovvenzioni sono state scarse e difficili come ora, languente. Nel 2006 esce lo stesso numero di film che nel '46, un dato ampiamente illustrativo". Per Bruno Torri, presidente del sindacato critici cinematografici, il cinema italiano ha bisogno di tante cose: "maggiore visibilità per i suoi film; liberalizzazione del mercato al fine di diversificare l'offerta filmica; intervento pubblico che lo sostenga con risorse adeguate; minore teledipendenza; rilancio che punti su una vocazione socio-culturale". A puntare l'attenzione sul ruolo della stampa è invece Piero Spila, di CineCritica: "è necessario che la critica riacquisti un ruolo di prestigio, così come è necessario che dia attenzione e spazio al cinema italiano di qualità, che è più debole ed esposto. Sarebbe anche utile evitare le stroncature laddove esiste un margine di miglioramento, che varrebbe la pena di indicare. C'è un allarmante distacco fra critica e cinema italiano che altrove sarebbe impensabile".

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