18° FRANCE CINÉMA – "Spero che non ci sia un giovane cineasta che mi spari pur di realizzare un film ad ogni costo". Incontro con Claude Miller

In questo incontro il cineasta mette in discussione la sua funzione di "metteur en scéne"; in "La petit Lili" infatti, oltre a frammenti di "cinema nel cinema", c'è il sospetto che siano presenti anche dei frammenti autobiografici. Tutto a partire da “Il gabbiano” di Cechov…

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Claude Miller è presente a France Cinéma per accompagnare il suo ultimo lungometraggio La petite Lili, in concorso al 56° festival di Cannes. Il film, tratto da Il gabbiano di Cechov, vede come protagonisti diversi personaggi: Lili (Ludivine Sagnier) è una ragazza che sogna di diventare attrice di cui è innamorato Julien (Robinson Stévenin), un giovane regista radicale e intransigente. Julien è figlio di Mado (Nicole Garcia) attrice di talento che ha come amante Brice (Bernard Girardeau), un regista di successo. Di lui è stato proiettato anche il noir Guardato a vista (1981), uno dei titoli della retrospettiva. In questo incontro il cineasta mette in discussione la sua funzione di metteur en scéne; in La petit Lili infatti, oltre a frammenti di “cinema nel cinema”, c’è il sospetto che siano presenti anche dei frammenti autobiografici. Tutto a partire da Il gabbiano di Cechov…

Come mai è stato tradita l’opera di Cechov visto che il finale è stato modificato?

Non era sufficiente prendere Il gabbiano e trasferirlo sullo schermo. Volevo capire perché lo facevo. È nel quarto atto che ho apportato delle modifiche perché mi sembrava presuntuoso riportarlo così com’era anche perché non potrebbe funzionare con personaggi contemporanei. Volevo modificare la parte finale soprattutto perché avevo voglia di dare il mio punto di vista sulle cose che mettevo in scena. Il finale mostra come gli artisti possano trasformare le proprie sofferenze, il proprio vissuto in lavoro e, nel migliore dei casi, in’opera d’arte.

Il personaggio di Brice (il regista di successo amante della madre del giovane cineasta) interpretato da Girardeau sembra che sia stato dipinto in maniera abbastanza cinica…

I cineasti in effetti sono dei vampiri. Pensando al personaggio dell’opera di Cechov Trigorin (che poi nel mio film è diventato appunto Brice), ho deciso che non potevo trasformarlo così com’era. Inoltre non m’interessava sviluppare la classica antinomia dove i giovani sono buoni e i vecchi sono cattivi.

Come è venuta fuori l’idea di citare Truffaut tramite la presenza della locandina de La camera verde?

Jean_Pierre Kohut Svelko era lo scenografo di Truffaut. Quando abbiamo lavorato alla scenografia della stanza dove lavorava Julien, a lui è venuta in mente l’idea di mettere la locandina. La presenza del poster de La camera verde non era quindi intesa come una citazione diretta.

In una delle interviste, ha affermato che lei si ritrova in tutti i personaggi, soprattutto Brice e Julien

Brice non è poi così odioso. È un ex-cineasta che mette nel proprio lavoro tutta la sua esperienza. Non si sa che tipo di film faccia Brice, delle opere che hanno successo e per questo fa parte (come me) di quel tipo di registi che a volte sono maledetti dai nuovi autori. Faccio un cinema personalee se non è all’apice della modernità, pazienza. Brice mi assomiglia in quanto cerca di esprimere con sincerità quello che è all’età che ha. Brice è forse il personaggio a cui assomiglio di più oggi. Ma mi ritrovo un po’ in tutti, da Lili a Mado a Simon.

Nel film sembra anche essere presente il malessere di due generazioni a confronto. Voleva forse rappresentare, come in Cechov, la fine di un’epoca?

Per me Julien non è più odioso degli altri. Tra generazioni diverse ci sarà sempre un conflitto. Però l’epoca in cui è ambientato il film è meno disperato di quello di Cechov. Ed anche Julien, nel corso del tempo (nel film c’è un’ellissi temporale di 5 anni), appare meno radicale di come è all’inizio. Alla fine il tempo cura le ferite.

E il rapporto con la Nouvelle Vague?

Beh, anche tra cineasti c’è sempre un conflitto generazionale. Ho circa 60 anni e forse tra 10 anni non farò più film. La bagarre è più a livello di critica che di cineasti. È normale che i critici della Nouvelle Vague abbiano fatto quello che hanno fatto per poter girare dei film. Oggi il panorama è fortunatamente cambiato. Certamente spero che non ci sia un giovane regista che mi “spari” pur di realizzare un film ad ogni costo

Si respira però nel film anche un’atmosfera funerea, quasi di morte…

Il personaggio di Simon (Jean-Pierre Marielle) che poi nel Gabbiano è Sorin, sa di essere malato, sa di essere giunto alla fine della vita. C’è una scena, che poi è stata tagliata, in cui il suo personaggio usciva dal set e si ritrovava su un altro set di un film ambientato durante la Prima guerra mondiale. Lì era come strapazzato, sfrattonato dalle comparse che correvano e non si curavano di lui. Simon rappresenta la vecchiaia, la fine della vita

Tra i suoi progetti futuri?

Sto cercando di scrivere un film che tratta di politica. Mi farebbe piacere essere qui a Firenze anche l’anno prossimo ma non credo che il film sarà pronto.

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