23/1/2007 – TORINO FILM FESTIVAL: L'amarezza di Gianni Rondolino

In un'intervista a La stampa, si scaglia contro i "cinquantenni assetati di potere"

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E' un Rondolino molto amareggiato, seppur sempre combattivo e deciso, quello che traspare dall'intervista di Lietta Tornabuoni pubblicata su La stampa. E ancora tornano i rancori personali, inevitabili in questa vicenda torinese, in particolare contro i suoi due allievi Barbera e Della Casa.

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E oggi, mentre la mediazione del Sindaco ha avuto successo e la candidatura Moretti sembra in dirittura d'arrivo, lascia un velo di tristezza la lettura delle parole dell'ex Presidente e fondatore del Torino Film Festival.


Ecco l'intervista integrale:

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Rondolino: "Abbasso i cinquantenni assetati di soldi e potere"
di Lietta Tornabuoni
E' ferito? «Sì. Molto». Il professor Gianni Rondolino si è trovato di fronte, durante gli oltre due mesi di più intenso conflitto per il Torino Film Festival, non soltanto alcuni degli allievi d'Università laureatisi con lui (Alberto Barbera, Stefano Della Casa) anche alcuni uomini di quel Comune di Torino che aveva contribuito sin dalla nascita alla vita del Festival. Ora ha dato le dimissioni. Perché? «Sono stanco, fisicamente e psicologicamente. Volevo uscirne a testa alta. Non ho conservato alcun incarico: sono rimasto soltanto tra i 17 componenti il gruppo dirigente dell'Associazione Cinema Giovani. Alla fine di questo 2007, se tutti sono d'accordo, doneremo alla città il Festival e il suo marchio: dono condizionato a come andranno le cose. Mi ritiro. La battaglia di principio per la libertà e l'autonomia del Festival l'abbiamo vinta, sia pure con un compromesso finale».

Lui, spiega il professore, è dell'idea che le amministrazioni pubbliche dispongano di soldi che sono nostri, dei cittadini. Che sia ovvio impiegarne una parte a sostenere una manifestazione di alto livello culturale seguìta da un pubblico appassionato, come il Festival. Che nessuno possa permettersi di dire: «Noi continuiamo a darvi i soldi soltanto se avrete più visibilità e più glamour, come la Festa di Roma». Un'imposizione dall'esterno per di più inutile, dice: ospiti famosi il Festival ne ha sempre avuti molti, ma del genere De Oliveira o Chabrol, non del genere Tom Cruise. Gli assessori hanno proposto la creazione di un «comitato di indirizzo» guidato da persona nominata da loro: «Sarebbe stata una nomina politica. Noi abbiamo rifiutato».

Nella battaglia, il nemico era la politica? «Magari. Non ci sono state certo discussioni di principio, ideali o ideologiche. Veltroni insegna: la generazione dei cinquantenni persegue il proprio successo, il personalismo, l'immagine, il potere politico che è pure potere di soldi, la cultura che, sperano, li renderà popolari. Io la penso diversamente: non credo che la cultura possa appiattirsi in modo simile». Non politica, allora, ma uso personale della politica.

Tre dei suoi allievi (Giulia Carluccio, Dario Tomasi, Giaime Alonge) sono adesso docenti universitari. Le cattedre torinesi di cinema sono state tra le prime a nascere in Italia: il primo docente (nella facoltà di Magistero) fu il professor Guido Aristarco, il secondo (nella facoltà di Lettere) il professor Rondolino. Ha insegnato cinema per 25 anni, a Torino. Ha scritto una storia del cinema e una storia del cinema di animazione, due grandi biografie di Rossellini e di Visconti, due studi sulle avanguardie.

E' un uomo calmo, sereno, gran lavoratore, con un carattere ottimista e un forte gusto per la vita. Il Festival lo creò nel 1981 insieme con Ansano Giannarelli, su impulso del giovane assessore Alfieri della giunta Novelli.

A cinquant'anni ne lasciò la direzione per venirne eletto Presidente: «Tutti gli attuali aspiranti al Festival sono sulla cinquantina. L'ideale sarebbe 36 anni».

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