6/7/2004 – No allo spamming, va bene…

Ma non si corre il rischio di proibire tutte le e-mail? Un articolo da “The Net”

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Tutta la posta che riceviamo – che magari non aspettavamo – è indesiderata? Ovvero, è sempre negativo ricevere "comunicazioni pubblicitarie" in senso lato? La sentenza di un giudice di pace, che ha condannato un'azienda a mille euro di multa per diffondere i propri messaggi pubblicitari via e-mail, ha dato spunto a "The Net" per una riflessione sul fenomeno della "spam", che riportiamo integralmente qui di seguito:

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(25/6/2004) "UNA DISCUSSA VITTORIA", da The Net
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Spam: misure draconiane per tutti?
Ha fatto scalpore la sentenza con cui un giudice di pace ha condannato un'azienda napoletana per la diffusione indebita di pubblicità via mail. La decisione mette tuttavia in luce anche limiti ed eventuali ambiguità della lotta allo spamming
di Tommaso Pericle
"I messaggi pubblicitari di posta elettronica non richiesti e non preventivamente autorizzati rappresentano una violazione della legge sulla privacy e la società che li invia deve rispondere del comportamento illecito dei propri dipendenti".Con questa motivazione, a seguito dell'invio di mail commerciali indesiderate, un giudice di pace di Napoli ha condannato un'azienda di articoli sportivi a risarcire mille euro, a pagare le spese di processo e soprattutto alla gogna di vedere pubblicata la sentenza su diversi giornali. La causa è stata intentata dall'avvocato Angelo Pisani del movimento "Noi consumatori". Il "delitto" era l'invio di pubblicità a una mailing list con un migliaio di iscritti. Nella sentenza si legge che "l'invio di posta elettronica indesiderata è illegittimo sotto due profili: da un lato per la scorrettezza e l'illiceità del trattamento dei dati personali e dall'altro perché provoca un'illegittima lesione della riservatezza".
Naturalmente soddisfatto l'avvocato Pisani, che ha dichiarato: "La sentenza ha sostanzialmente anticipato con una tutela giurisdizionale i filtri informatici che alcune aziende stanno studiano per la difesa dallo spamming. E questo dimostra che il problema esiste ed è più grave di quanto non possa apparire".Il che è fuor di dubbio. Lo spamming causa danni immensi alle aziende e fastidi ai privati, ma a quello che è dato di sapere la disavventura dell'azienda napoletana appare più come un caso di colpevole approssimazione che di volontà di delinquere. A nostro avviso la società condannata sembrerebbe più una ingenua seccatrice che non una professionista della posta-spazzatura. Quanto basta per dare adito al sospetto che abbia finito per pagare più le colpe altrui che non le proprie.
Intanto, mentre qualcuno segue le tracce dei micro-seccatori, l'industria americana si coalizza contro gli spammer veri, quelli che fanno danni. Non i faciloni che mandano pubblicità a un migliaio di indirizzi in una mailing list, quanto piuttosto i delinquenti che sfruttando macchine non adeguatamente protette sul Web sparano milioni di messaggi bulk, cioè a tutti gli indirizzi possibili e immaginabili, contenenti truffe, virus o adware. Contro di loro i maggiori provider di email del mondo, Aol, Yahoo!, Microsoft ed Earthlink propongono misure draconiane, come lo sganciare dalla Rete i computer poco protetti che potrebbero diventare piattaforme di lancio per milioni di messaggi-spazzatura. Anche a costo di tagliare fuori da Internet tantissimi utenti inconsapevoli, colpevoli solo di non saper proteggere il Pc di casa come vorrebbero i signori delle email. Insomma, i segnali di isteria e di caccia alle streghe cominciano a diventare evidenti sulle due sponde dell'Atlantico e a farne le spese per il momento sono i pesci piccoli: oggi gli spammer da cantina e domani forse perfino gli utenti a casa loro. Cominciano tuttavia a farsi strada anche proposte equilibrate e sensate. Visto che gli spammer veri fanno ben attenzione a non farsi rintracciare e si guardano bene dallo scrivere l'indirizzo del loro negozio, anzi, usano sofisticate tecniche di mimetismo per non essere rintracciabili, ancora Microsoft e Yahoo! affrontano il nodo centrale, quello di autenticare il mittente delle email. Una strada percorsa anche dagli sforzi italiani sulla via della posta certificata e che darebbe davvero un colpo durissimo allo spamming. Il motore di ricerca punta su una chiave crittografica personale inserita nei record del Dns; quando si spedisce il messaggio, alla chiave pubblica deve corrispondere quella privata. La software house di Redmond invece propone di rendere pubblici gli indirizzi IP dei server email nel Dns. Le due proposte potrebbero lavorare in sinergia, rendendo sempre identificabile chi manda email e dunque anche gli spammer professionisti. Se l'industria fa la sua parte, lo stesso deve fare la politica e la magistratura, con misure che lascino in pace gli utenti e non mandino alla gogna chi più che di spamming è colpevole di sciatteria e maleducazione. Concentrando piuttosto gli sforzi nella lotta ai veri delinquenti, come quelli che hanno trafugato 92 milioni di indirizzi e-mail da Aol per rivenderli ai mittenti di junk mail, sono stati scoperti e ora giustamente rischiano 5 anni di galera e multe stratosferiche. In proposito, ricordiamo che una direttiva Ue ha messo fuorilegge lo spamming; se fatto a fini di profitto, nei casi più gravi è punito con la galera.

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