Viaggio nel crepuscolo, di Augusto Contento

Fuori Concorso a #Venezia78, animazione sperimentale che utilizza la filmografia di Marco Bellocchio per narrare la storia italiana degli anni di piombo come un affascinante quadro onirico

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Il periodo delle rivoluzioni da fine anni 60 fino agli inizi degli 80. Che cosa è successo? Che senso aveva la lotta armata e le trame eversive nere e rosse? Quale era il ruolo della sinistra e quali erano gli equilibri politici del tempo? Perché il nostro Paese ha imboccato la strada del disimpegno e della rimozione? Può il nostro cinema raccontare le contraddizioni di una fase storica delicata?
Da un’idea del critico Adriano Aprà, il regista Augusto Contento classe 73, prova a rispondere ad alcune di queste domande utilizzando una animazione con tecnica neopittorica 2D (disegni di Marco Belli) che trasforma l’intervista e i pensieri dei diversi protagonisti in materiale proteiforme. Se è vero che la parte onirica sembra prendere il sopravvento e trasformare il documentario in una seduta psicoanalitica in cui i sogni sono proiettati all’esterno e interpretabili, dalle parole di magistrati, attori, filosofi, critici cinematografici e registi emerge un quadro desolante della realtà italiana e della sua trasformazione da società viva dal punto di vista culturale a massa di neoprimitivi che sbandierano la propria ignoranza come una medaglia al valore.

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In particolare proprio attraverso gli spezzoni di 5 film di Marco Bellocchio (I Pugni in Tasca, Nel Nome del Padre, Salto nel Vuoto, Vacanze in Val Trebbia e Buongiorno, Notte) si può avvertire il lento eclissarsi degli ideali democratici e progressisti che avevano animato quella sinistra che ancora stava dalla parte dei lavoratori e delle classi più deboli. E’ interessante come si passa da argomenti più particolari come il ruolo dell’attore (Paola Pitagora, Roberto Herlitzka) alle prese con le difficoltà dei vari personaggi da interpretare, a temi politici generali come la impossibilità dell’unità italiana e la degenerazione degli ideali rivoluzionari in lotta armata, fino al punto critico dell’assassinio di Aldo Moro. Con la morte dello statista democristiano tramonta definitivamente la possibilità delle riforme in un paese devastato dalle divisioni e dalle ingiustizie di classe.

Sia magistrati che filosofi concordano nel giudicare folle l’idea di alcuni militanti fermamente convinti di essere il braccio armato di un esteso movimento di massa. Cosi le giuste istanze libertarie che erano nate a metà degli anni 60 (I pugni in tasca è davvero un film profetico) e che avevano portato a giuste contestazioni prima da parte degli studenti e poi in maniera più estesa a tutta la classe operaia erano state vanificate prima dal terrorismo nero (le stragi di Piazza Fontana e di Piazza della Loggia) e poi dalle brigate rosse.
Il flusso delle immagini animate accompagna queste importanti rivelazioni ed è sottolineato dal rock psichedelico di Paolo Cantù che trasforma il documentario in un viaggio allucinato dentro le zone oscure di un paese senza identità. Le voci dei contadini e degli operai prima forti e combattive vanno piano piano spegnendosi. La cultura che prima era un’arma di affermazione sociale adesso lascia il posto a un qualunquismo borghese teso a coltivare il proprio singolo orticello. E se davvero si arriva a considerare la propria ignoranza come valore allora siamo entrati nel crepuscolo di una società egoista, intollerante, razzista, sessista e omofoba.
Augusto Contento suggerisce attraverso la potenza delle immagini animate che la notte della Repubblica non è mai finita e che forse è solo il Cinema a rivelare riflessi di verità, piccoli segnali nascosti dietro l’enigma di un sogno.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.6

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
3.4 (5 voti)

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