Moonlit Winter, di Lim Dae-hyung

Mutua da Love Letter di Iwai la struttura narrativa epistolare, oltre a quella scenografica, per presentare il recupero dei legami spezzati quale antidoto unico al pensiero eteronormativo. Su Mubi

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Nel tessere i filamenti di una storia che prende piede in due paesi culturalmente affini, nonostante i profondi dissidi politici (Corea del Sud e Giappone), l’interesse primario di Moonlit Winter sembra quello di offrire un ritratto di società alienanti, che spingono coloro che vi abitano a nascondere quei tratti identitari in opposizione al pensiero eteronormativo (e omologante) che esse stesse veicolano. Attraverso le traiettorie di personaggi che intraprendono percorsi di conciliazione di natura diversa (con sé stessi, con le memorie del passato e con lo spazio circostante), il film di Lim Dae-hyung staglia il recupero dei rapporti interpersonali sullo sfondo di comunità soffocanti – i cui codici patriarcali, tradizionalisti e ultraconservatori concorrono a direzionare le parabole di vita verso sentieri prestabili e dominanti – in un’ottica positivamente progressista. É solo nei rapporti umani – e nel calore in cui sono immersi – che è possibile, adesso, opporre una parziale resistenza allo status quo dalla corazza inviolabile.

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Sin dall’incipit, infatti, si percepisce in Moonlit Winter la volontà di porre come centro speculativo della narrazione la ri-scoperta di quei rapporti, che per ragioni temporali o esistenziali, si dirigono verso un lento processo di logoramento. Nel momento in cui la giovane Sae-bom (Kim So-hye), legata da un tribolato rapporto con la figura materna, legge per errore una lettera destinata alla madre – il cui contenuto lascia presupporre l’esistenza di una vecchia storia d’amore omosessuale tra lei e la giapponese Jun (Yuko Nakamura) – ella spinge, di fatto, Yun-hee (Kim Hee-ae) ad intraprendere un viaggio verso la cittadina natale della donna, nel tentativo non solo di rimarginare un legame affettivo offuscato dall’onda del tempo (quello tra Yun-hee e Jun), ma anche di ri-accendere la connessione madre-figlia, ulteriormente deteriorata dall’azione mortificante di una società che rifiuta le “deviazioni” (e che spinge la madre omosessuale a sopprimere continuamente la propria identità). Fino a che non “evadono” dal luogo dell’oppressione – in questo caso la Corea – le due donne non riescono a trovare un canale di comunicazione (le vediamo inquadrate nello stesso spazio domestico, ognuna immersa nella propria solitudine). È solo nel momento in cui attraversano gli spazi aperti e innevati dell’Hokkaido – quel luogo dove Yun-hee da ragazza si è sentita realmente libera – che entrambe riscoprono il valore di un rapporto fino ad allora sommesso. Un ambiente per ambedue catartico non perché esente da opprimenti costrizioni sociali (alla pari di quella coreana, la società giapponese ha spinto Jun a celare la sua vera identità, non consentendole di definire liberamente la propria soggettività), ma per la centralità che in esso assumono i legami affettivi, unico vero antidoto, secondo il film, all’anestesia emotiva dei tempi correnti.

Come nel caso di Il momento per crescere, anche qui il referente filmico principale da cui il regista coreano mutua tanto l’approccio estetico, quanto quello narrativo, sembra essere il cinema di Shunji Iwai e, in particolar modo, il suo film di debutto Love Letter. Se dell’opera prima del cineasta nipponico viene qui ripresa la costruzione diegetica, così come quella meramente scenografica (la struttura epistolare del racconto, la voce narrante, la neve dell’Hokkaido), in Moonlit Winter la messa in scena dell’emozione è più arida, meno evocativa, veicolata non attraverso un approccio sensazionalistico, ma per sottrazione, poiché calata in una dimensione realistica. E nonostante le costrizioni sociali finiscano (nuovamente) per allontanare le due donne, il sentimento ri-emerso continuerà a sopravvivere, sfidando il gelo di un inverno non più insostenibile, con la speranza che un giorno lasci il posto al tepore lenitivo della primavera.

Disponibile su MUBI (gratis per 30 giorni accedendo da questo link)

Titolo originale: Yoon-Hee-E-Ge
Regia: Lim Dae-hyung
Interpreti: Hee-ae Kim, Yûko Nakamura, So-hye Kim, Yoo-Bin Sung, Hana Kino.
Distribuzione: Mubi
Durata: 105′
Origine: Corea del Sud, 2019

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3

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