Spriggan, di Hiroshi Kobayashi

L’anime Netflix richiama l’escalation militare della Guerra Fredda, di cui spettacolarizza con successo le tensioni latenti. L’adesione assoluta al manga rischia di alienare il pubblico di neofiti

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Ogni elemento in Spriggan ha come riferimento un immaginario bellico definito, che con il suo portato socio-politico tesse ogni fibra dell’anime. I sei racconti che compongono la sua struttura episodica vivono e (ri)vivono delle atmosfere claustrofobiche della Guerra Fredda, permettendo alla serie di ri-mettere in scena gli scenari del (lungo) conflitto secondo i canoni classici dell’action-thriller animato. Attraverso, cioè, quelle specifiche configurazioni estetiche che portano le tavole originarie del celebre manga anni ’80/’90 di Hiroshi Takashige (scrittore) e di Ryōji Minagawa (illustratore) a dialogare con le sue (attuali) rappresentazioni animate, e insieme con le visioni più traumatiche e polarizzanti alla base degli atti bellici trans-nazionali degli anni conclusivi di Cold War.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

E in linea con un film di James Bond, tutto parte dalla dislocazione internazionale del conflitto, dilazionato qui in termini non solo spaziali, ma anche (e soprattutto) temporali. Sin dagli antefatti Spriggan tesse un rapporto immediato tra gli eventi del passato e le loro conseguenze attuali, in modo da rileggere gli scenari del presente sempre alla luce delle sue configurazioni passate. Come è raccontato nel prologo, una società antica, ormai estinta, è vittima del suo stesso avanzamento scientifico. Della sua storia culturale non resta che una serie di reperti archeologici dal potenziale oscuro, di cui vogliono entrare in possesso tutte le fazioni coinvolte nel conflitto, per scopi più o meno distruttivi. A preservare lo status quo è l’organizzazione internazionale ARCAM, che grazie ai suoi “spriggan” (black ops dotati di esoscheletri avveniristici) difende le reliquie/armi ancestrali dalle mire bellicose dei vari governi internazionali. Tra i soldati incaricati di proteggere i reperti figura il prodigio Yu Ominae, che tra nemici sovrumani e macchine iper-tecnologizzate, dovrà accantonare le esigenze adolescenziali della sua giovane età in vista della conservazione di un (apparente) equilibrio geo-politico mondiale, costantemente sul filo di una tragedia irreversibile.

In assoluta fedeltà con i temi e l’iconografia dell’opera originaria, Spriggan si posiziona (e ri-posiziona lo spettatore) all’interno di una cornice storico-sociale (sovra)realistica, che attraverso l’utopia cerca ossessivamente di raccontare – o quantomeno prefigurare – gli effetti, le sensazioni e le atmosfere di un orizzonte politico complesso. Ovverosia di quello scenario critico che dal dopoguerra fino al termine degli anni ’80 ha visto crescere per la popolazione mondiale il rischio di un’escalation nucleare inarrestabile, dagli esiti apocalittici. E l’anime ne declina qui gli scenari più conturbanti secondo i codici di una narrazione puramente metaforica, che attraverso le adrenaliniche sequenze di combattimento/distruzione richiama le paure latenti di una realtà sull’orlo dell’autoannientamento. Non è un caso che i singoli reperti siano contesi tra organizzazioni istituzional-criminali di matrice statunitense e sovietica, così come l’evoluta società del passato si sia estinta a causa del suo stesso progresso tecnologico (forse per il nucleare?). Fatto sta che Spriggan rispetto all’omologo cinematografico del ’98 (supervisionato da Ōtomo) sia più incisivo nel dialogo con la (sua) contemporaneità, meno convoluto, ma allo stesso tempo anche più compiaciuto nel muoversi in un orizzonte di autoreferenzialità, con il rischio perciò di alienare il vasto pubblico di neofiti, poco incline alle sue vicende interne ed episodiche. Un prezzo relativamente alto da pagare per un racconto che vive nelle pieghe di una realtà delirante, sempre inquadrata nel dinamismo dei suoi esiti più brutali e spettacolarizzanti.

Titolo originale: id.
Regia: Hiroshi Kobayashi
Voci: Chiaki Kobayashi, Mariya Ise, Takehito Koyasu, Takayuki Sugo, Yohei Azakami, Ken Narita, Tetsu Inada, Mitsuho Kambe, Kenji Hamada, Ayumu Murase, Ryota Takeuchi, Akio Otsuka, Yoshimasa Hosoya, Saori Hayami
Distribuzione: Netflix
Durata: 6 episodi da 44-47′
Origine: Giappone, 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.4
Sending
Il voto dei lettori
0 (0 voti)

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array