The Brilliant Darkness, di Aaron Toronto

Inquadra una famiglia nell’istante stesso della sua implosione. Ne emerge un racconto intenso, umorale e forse necessario anche in faccia ad alcuni eccessi di forma. Dall’Asian Film Festival di Roma

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Si potrebbe partire dal finale di The Brilliant Darkness per inquadrare tutte le traiettorie catartiche del film: l’immagine di una famiglia (apparentemente) compatta, unita sotto il segno della lacerazione (quella si reale) dei legami primari. Il defunto in questione è il vecchio e facoltoso patriarca, fonte di disciplina, d’ispirazione – e soprattutto di sostentamento – per i suoi familiari: eppure il sentimento elegiaco che trapela dall’inquadratura non ha nulla a che fare con quell’uomo. Ciò a cui si assiste, e su cui riflettono questi ridicoli e fragili personaggi, è qualcosa di più grande e traumatico, talmente totalizzante e personale da portare un’intera famiglia a riconsiderare le cause che l’hanno portata, nel giro di una notte, a frantumarsi. Prima della “rinascita” finale.

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Si parte allora dal funerale del patriarca, ovvero da quell’evento liturgico che consente a The Brilliant Darkness di riunire nello stesso spazio la famiglia, per indagarne i trascorsi più delicati, tragici e disfunzionali. La nipote, Song (Ông Toàn) è l’ultima a raggiungere la celebrazione funebre: ha appena divorziato e non sa se potrà tenere la custodia del figlio che porta in grembo, a causa di alcuni screzi con l’ex marito. Ma i traumi che l’accompagnano sono, in realtà, sintomo di un disagio ancor più profondo, legato – non a caso – ai rapporti con il padre. Ed è proprio l’uomo, in procinto ora di diventare il “nuovo” patriarca della famiglia, a mettere in moto una sequela di eventi, che come una reazione a scatena, faranno letteralmente saltare tutte le pretese di unità e convivialità su cui il nucleo familiare ha fondato negli anni la propria immagine. E a cui i figli hanno continuato, impotenti, ad aggrapparsi.

Nel momento in cui l’uomo chiede ai figli di rinunciare all’eredità in modo da pagare i debiti ad un bosso mafioso, ecco che il regista vietnamita attiva nel film un effetto domino incessante, quasi come se la narrazione non fosse più in grado di arrestare il corso travolgente dei suoi eventi. In questo senso, l’egoismo del neo-patriarca non solo riconfigura l’occasione celebrativa in un rito liturgico di distruzione, ma conduce i suoi familiari a prendere coscienza del proprio passato, così da illuminare gli effetti traumatici che le azioni del patriarca hanno avuto – e continuano ad avere – sullo sviluppo delle loro crisi attuali. Ed è qui che comprendiamo la matrice ossimorica di The Brilliant Darkness: una “brillante oscurità” che alla pari di un parassita, vive e si nutre di ogni frammento di umanità dei protagonisti, incapaci di instaurare delle relazioni sane ed edificanti, proprio perché schiacciati dal peso di un legame filiale così deliberatamente tossico e deviante.

Per sublimare una parvenza di unità familiare il film, allora, deve tornare all’immagine iniziale/finale, e riscoprire il senso di ciò che (non è ancora del tutto) andato distrutto. È così che la famiglia può riassestarsi, e rinegoziare apertamente quelle ferite mantenute fin troppo a lungo nel silenzio. E per quanto The Brilliant Darkness ceda spesso al vezzo estetico, riesce lo stesso a raccontare queste crisi interpersonali con grande coraggio, mettendo in scena senza remore un confronto forte, duro, se non addirittura purificatorio. Dove ad emergere è tutto quel sostrato di umori ed emozioni idiosincratiche su cui si suturano tutte le relazioni del quotidiano. Perché, del resto, seppur il vaso sia ridotto in cocci, può essere sempre ripristinato. Anche quando sembra destinato a rimanere lì per terra, sfaldato in migliaia di minuscoli pezzi. È proprio qui che il significato di quell’ultima immagine si riflette, allora, in un’occasione: in un’insperata ricerca di familiarità, in cui riallacciare quel che tutti ritenevano già andato risulta non solo possibile. Ma necessario.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
3.5
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