RAVENNA NIGHTMARE FILM FEST 2006 – Orrori del passato, cinema del compromesso

Nei classici proposti nella sezione "Bloody Vintage" e nelle pellicole di Joe D'amato si intravedono idee intriganti e non banali nei presupposti, ostacolate però dal contesto o dai problemi occorsi con la produzione: un cinema che spinge a interrogarsi su quello che sarebbe potuto diventare e non è riuscito ad essere.

--------------------------------------------------------------
INTELLIGENZA ARTIFICIALE PER LA SCENEGGIATURA, CORSO ONLINE DAL 28 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

Sin dalla sua prima edizione, il festival di Ravenna ha sempre inteso affiancare alla proposta di titoli inediti una selezione di classici del genere, con qualche sconfinamento nel cinema comunque "a margine", fautore di visioni non riconciliate e per questo sempre ascrivibile a quella cifra "perturbante" propria dell'horror. In continuità con quanto accaduto lo scorso anno, stavolta l'opera di riscoperta è stata divisa tra un omaggio al regista Joe D'Amato e uno spazio "Bloody Vintage", dedicato a opere smaccatamente minori, senza dubbio di grande rarità. Il giusto metodo per apprezzare queste pellicole, rigorosamente proposte in formato 35 mm usurato dal tempo, sta nel considerare la loro ipotesi di cinema, spesso molto intrigante, nonostante la rozzezza della fattura. Stupisce infatti considerare come i film di Joe D'Amato condividano con quelli dei vari Leon Klimovski, Eddie Romero, Antonio Margheriti, Amando De Ossorio e Giulio Berruti una sorta di congenita insufficienza nel trasferire in immagini un immaginario comunque molto valido, per vari motivi. Un film come Apocalypse Domani di Antonio Margheriti, ad esempio, è tutt'altro che banale nel rileggere il tema del cannibalismo come metafora della guerra che pervade l'animo umano e assume connotazioni virali: anche a livello concettuale il film si presenta come un interessante ibrido tra il filone dei morti viventi di Romero, i cannibal movies di Ruggero Deodato e quel cinema di guerriglia urbana che sarebbe esploso come fenomeno mondiale di lì a pochi anni con il Rambo di Ted Kotcheff. Margheriti denuncia comunque la sua estraneità nei confronti di una pellicola che lo costringe a fare i conti con toni parossistici poco conformi alla sua filmografia: per questo motivo il regista decade nell'esagitazione fine a se stessa, anticamera di quel ridicolo involontario che si estrinseca in dialoghi gratuitamente saturi di turpiloquio e scene splatter da cartoon. Peccato per l'ottimo cast con John Saxon e il magnetico Giovanni Lombardo Radice, attore che meriterebbe maggiore attenzione. Dimenticabile invece la presenza di Cinzia De Carolis, celebre doppiatrice di Lady Oscar.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Decisamente più indirizzato sul versante del nonsense è invece La vendetta dei morti viventi (1972) di Leon Klimovski, comunque pervaso da quella generosità barocca, tipica del fantastico spagnolo, dove gli estremi si toccano in disegni bizzarri, come avviene con questa fusione di zombi-movie, esoterismo, vendetta generazionale e maledizione metropolitana. Un film nato della collaborazione tra Klimovski e l'attore-sceneggiatore cult Jacinto Molina/Paul Naschy, qui contemporaneamente interprete del santone Krisna e del cattivo sfigurato. Da opporre a chi esalta le opere di Ivan Cardoso. Joe D'Amato (alias Aristide Massaccesi) è comunque la figura che maggiormente sembra riassumere le contraddizioni del percorso: regista a volte abile nella creazione di ritratti morbosi e a suo agio con tematiche forti, ma anche consapevole dei limiti di un sistema produttivo che non ammetteva altra logica se non quella dello sfruttamento intensivo di poetiche e filoni, tanto da diventarne uno dei massimi artefici. Scomparso pochi anni fa, Massaccesi è stato omaggiato a Ravenna con tre pellicole fra le tante che hanno composto la sua sterminata filmografia. Antropophagus (1980) è senza dubbio alcuno la migliore delle tre, con alcuni meriti da non sottovalutare: innanzitutto il buon lavoro sulle location, che trasfigura un classico slasher cannibalico in una storia di mostri dalle punte mitiche. E poi un nichilismo disperato, che contestualizza lo splatter più sfrenato in una storia capace di ridicolizzare i legami sentimentali riconducendoli a mero meccanismo dello sfruttamento della carne come cibo per l'ingordigia dell'uomo (o dello spettatore). Una sorta di dichiarazione d'intenti per Joe D'Amato, per il suo cinema derivativo e per il sistema produttivo italiano basato su formule di intensivo sfruttamento dei filoni e perciò poco preoccupato di mettere in scena un universo coerente.

Un aspetto quest'ultimo, che emerge in maniera più prepotente nelle altre due pellicole dell'omaggio, Rosso sangue (1981), semi sequel di Antropophagus, che esplicita la componente del mero body count con una formula narrativa più stanca, per questo "gonfiata" con massicce dosi di splatter; e soprattutto l'erotico esotico Orgasmo nero (1980), punto di non ritorno di questa tendenza: è infatti palese come la storia sia stata costruita a partire dal materiale filmato, con salti narrativi, doppiaggio che non rispetta il labiale e "organizza" le sequenze cercando di creare tra le stesse un filo logico, che lasci comunque spazio alle scene soft-core da dare in pasto al pubblico. Quello del "disincanto" nella realizzazione è un po' la traccia che unifica tutti i titoli d'epoca proposti dal Ravenna Nightmare, e si allarga da Joe D'Amato ai "Bloody Vintage", come dimostra anche la vena anticlericale di Suor Omicidi di Berruti, compromessa da una piattezza visiva e da problemi organizzativi ben elencati dal regista, che ha introdotto la pellicola al pubblico della manifestazione romagnola.


Un cinema "impossibile", insomma, che sembra sempre sul punto di deflagrare poiché la sua urgenza politica e la sua cifra più genuinamente rabbiosa è costantemente depressa da un sistema produttivo che costringe a compromessi censori, a fare i conti con un linguaggio fuori dalle proprie corde o, più semplicemente, da quella ristrettezza di budget che rivela a ogni passo la pochezza della messinscena.

Non a caso il pensiero che spesso accompagna la visione è quello che queste opere meriterebbero un remake, una nuova versione che sappia esplicitarne i fermenti ancora attualissimi presenti tra le maglie del racconto e che possano poggiare su un sistema produttivo più fertile, meno legato a una logica di exploitation, e più capace di mediare tra libertà di linguaggio e logiche commerciali.


In antitesi alla logica fin qui espressa merita di essere quindi ricordato il controverso lavoro di Silvano Agosti, Nel più alto dei cieli (1977), evento speciale del festival: un apologo feroce, che muove da un anticlericalismo spiccato per diventare una più generale indagine sulla bestialità dell'animo umano. Nell'epoca del compromesso storico un gruppo formato da prelati e sindacalisti resta imprigionato in un ascensore del Vaticano mentre si sta recando a un'udienza con il Papa. La clausura accenderà la miccia di violenze e perversioni tra i prigionieri: problematico, certamente influenzato dalla tendenza di certo cinema anni settanta a politicizzare in maniera anche eccessiva (e per qualcuno irritante) la propria visione del mondo, ma anche non conciliatorio e abile a costruire una messinscena che oscilla tra opposti. Il candore delle pareti si oppone infatti alla brutalità dei corpi in progressivo decadimento fisico, mentre la nettezza dogmatica degli annunci che si dipanano dall'impianto di diffusione radiofonica preme contro la fragilità psicologica dei prigionieri, in un film a suo modo oscuro ma anche luminoso: una riscoperta interessante, qualunque posizione si possa assumere nel merito delle tesi condotte dal regista. Ma soprattutto un'ipotesi di cinema ancora in grado di rivendicare le proprie istanze senza timore di dover soggiacere ai compromessi del caso, produttivi o artistici che essi siano.

--------------------------------------------------------------
CORSO DI SCENEGGIATURA ONLINE DAL 6 MAGGIO

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array