ROMADOCFEST6 : La premiazione

Si conclude la sesta edizione del RomaDocFest, la giuria premia Wrong time, wrong place della giovane regista Tamara Milosevic, al secondo posto Every good marriage begins with tears di Simon Chambers

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La violenza che sembra aver colpito di più la giuria è quella psicologica, dei rapporti umani, una violenza che non si esprime attraverso il sangue, ma che diventando una forma di quotidianità mette ancora più paura.

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Wrong time, wrong place di Tamara Milosevic è un'opera molto forte che apre una finestra su un certo tipo di mentalità e di modo di intendere i rapporti umani. Si inizia con una voce fuoricampo che racconta i fatti di un episodio di violenza accaduto a Potzolw, Brandeburgo, un paese di 450 persone della Germania. Nel luglio del 2002 il sedicenne Marinus fu brutalmente torturato, bruciato e ucciso da tre giovani come lui. Mentre la voce parla si susseguono inquadrature fisse dei luoghi in cui è avvenuto il delitto.


Poi vengono presentati i protagonisti del documentario, Matthias, il migliore amico di Marinus e la sua famiglia, più una serie di amici e conoscenti che ruotano intorno a questo nucleo. Matthias è un ragazzo che ha vissuto un brutto periodo dopo la morte di Marinus, ha lasciato la scuola e ha avuto una grave forma di depressione. Adesso sta cercando di tornare alla normalità.


Il lavoro svolto dalla regista è proprio nel tracciare le coordinate di questa presunta normalità. Si nota che i rapporti familiari (soprattutto all'inizio del documentario) si basano su una sorta di libera fusione tra persone adulte e  ragazzi. Si fanno le canne insieme ma soprattutto bevono e fumano sigarette in maniera spaventosa. In un qualche modo non ci sono separazioni e i due mondi sembrano riuscire ad integrarsi. Più la storia va avanti più questo modo di intendere i legami familiari inizia a mostrare la sua vera natura, i genitori di Matthias, soprattutto il padre, sembrano solamente preoccupati che il figlio trovi un lavoro e lasci la casa. La presunta amicizia che abbiamo visto precedentemente è solo qualunquismo applicato, un modo per rapportarsi ai figli senza doversi arrabbiare troppo. La libertà lasciata è più mancanza di interesse nei loro confronti che vera partecipazione alle loro vite.


In un pomeriggio al lago viene poi preso di mira da parte del padre di Matthias una persona che lavora con lui. Gli vengono fatti degli scherzi sempre più pesanti e la trasformazione della presa in giro in una vera e propria umiliazione è fin troppo breve. Ci accorge così del tipo di società in cui sia stato possibile un fatto come quello dell'uccisione di Marinus. Si capisce meglio la mentalità di queste persone, l'arretratezza culturale, le dinamiche di gruppo che possono trasformarsi in violenza.

Alla fine del documentario i genitori di Matthias, una volta che il figlio ha preso il diploma, decidono di mandarlo in un riformatorio (una sorta di casa-lavoro) per fargli imparare un mestiere, visto che il figlio non sembra avere intenzione di trovarselo da solo. Il momento in cui la regista pone domande alla madre sul futuro del proprio figlio mette i brividi per il distacco con il quale la signora parla di Matthias.


Ad una analisi più attenta però l'opera di Tamara Milosevic più che un documentario sembra essere un film girato come un documentario. Prima di tutto l'opera è stilisticamente e tecnicamente perfetta. C'è un buon lavoro sulla composizione delle inquadrature (sopratutto quelle fisse che costiuiscono la quasi totalità del film), il montaggio è curato, la regista sembra essersi preoccupata anche troppo della forma da dare al suo lavoro. In un certo senso si è persa quella ruvidezza d'immagine o quegli errori tecnici che se da una parte diminuiscono la qualità estetica dell'opera dall'altra le danno più forza visiva, la aggrappano ancora di più al reale.


Questo nulla toglie all'opera di Tamara Milosevic ma fa nascere dei dubbi sulla reale autenticità di tutto il suo discorso. Sicuramente esce fuori un quadro degradante della famiglia, del rapporto umano e di quello tra genitori e figli, ma fino a che punto questo degrado rappresenti la realtà e fino a che punto la ricostruisca filmicamente, è una domanda che sarebbe lecito farsi.


Wrong Time, wrong Place va quindi visto nell'ottica di un film che lavora sulle possibilità che il mezzo documentario mette a disposizione, ma che le rielabora in un ottica prima di tutto cinematografica. Rimane comunque una storia capace di portare lo spettatore a riflette e che partendo dai rapporti umani ha il coraggio di mostrane la loro natura più squallida.

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