“Jay & Silent Bob – Fermate Hollywood” di Kevin Smith

Smith accompagna egoisticamente i suoi amici all’ultima autocelebrazione prima di chiudere (solo in questo modo si può spiegare un tale cambio di registro) un periodo cinematografico, in attesa che se ne inauguri un altro.

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Chi avesse ancora dei dubbi sulla genialità di Kevin Smith, con questo ultimo lavoro gli si definirà inoppugnabilmente il quadro di un autore che, partito bene, si è poi via via autoespropriato di quel tocco personale che lo vedeva contraddistinguersi, assieme a Tarantino, a metà degli anni Novanta.
Ora, per capire meglio la digressione del regista di “Jay & Silent Bob”, apriamo una parentesi per rammentarci le componenti di quella riconoscibilissima cifra stilistica che, hai tempi della sua opera prima, fece sussurrare al ragazzo prodigio. E’ nei film di serie B, a basso costo, che spesso si sono avute idee memorabiliin cui gli autori, si sono appropriati della privazione per convertirla in sperimentazione. Kevin Smith, con “Clerks”, ha congeniato in fieri una tipologia di “comicità costretta”, tanto più sguainata e irriverente, quanto più obbligata dal profilmico e della sua messa in scena, creando così, una sorta di disamina spaziale cara alla poetica sennettiana. Nel fertile terriccio del low budget i corpi comedici di Kevin Smith hanno espresso il loro poltrire attraverso una incapacità o meglio ancora, una “involantà” di inserimento nella propria società, e trasversalmente, con la loro koinè punk, una protesta nichilistica e autoerotica. Quell’organizzazione spaziale di ripresa del profilmico che contraddistingueva “Clerks”, “Generazione X” e “In cerca di Amy” era indotta, oltre che dall’economia dei mezzi, anche e soprattutto da una scelta stilistica ed estetica proveniente da quel mondo dei fumetti tanto amato dal regista. La pressoché staticità delle riprese, le coazioni dei piani sequenza, la costrizione dei corpi e dei movimenti all’interno di “luoghi feticcio” (il Quick Stop Groceries di “Clerks”, il supermercato di “Generazione X”, la contiguità degli interni di “In cerca di Amy”), si configuravano come drammatici microspazi vitali e corrispondevano alla cifra stilistica di Smith. Venendo a mancare i topoi, quelli che si facevano portatori della stereotipizzazione culturale, e l’idea di messinscena a cui accennavamo sopra, non possiamo considerare l’opera ultima del regista né come un passo in avanti nella sua poetica, né come un passo indietro, ma solo come un salto a piedi pari nella cosmogonia delle deprecabili teen comedy hollywoodiane. Jay e Silent Bob escono, senza contegno nei confronti dei loro nomi e del loro immaginario, da quei luoghi che li avevano visti come figure marginali (personaggi fuori campo se pensiamo a “Clerks”) e allo stesso tempo come concentrati di un humus border line, per giungere, parodiando a più non posso, nei luoghi che rappresentano la morte della loro forza mitopoietica. Lo stesso Silent Bob, costretto ad annuire e a sgranare gli occhi per tutto il film, si fa macchietta involontaria, perdendo on the road tutta la forza simbolica che il suo silenzio aveva, con parca economia narrativa, acquisito nei precedenti film. Quello di “Jay & Silent Bob” non è il Kevin Smith che conosciamo o pensavamo di conoscere; non è quel regista che con evidenza quasi imbarazzante, dimostrava di amare i suoi personaggi più del suo film. Questo, al contrario è un regista che, strano a dirsi, sembra a loro disaffezionato tanto da ridurli a semplici comparse, a parodia di se stessi in un film che fa il verso al cinema che in passato bellamente dileggiava. Se solo ci interessasse farlo, e non è questo il caso, potremmo assolvere la pellicola dicendo che Smith accompagna egoisticamente i suoi amici all’ultima autocelebrazione prima di chiudere (solo in questo modo si può spiegare un tale cambio di registro) un periodo cinematografico, in attesa che se ne inauguri un altro.

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Titolo originale: Jay and Silent Bob Strike Back
Regia: Kevin Smith
Sceneggiatura: Kevin Smith
Fotografia: Jamie Anderson, Billy Clevenger
Montaggio: Scott Mosier, Kevin Smith
Musiche: P.J.Harvey, James L. Venable
Scenografia: Jeff MacIntyre, Douglas A. Mouvat
Costumi : Isis Mussenden
Interpreti: Jason Mewes (Jay), Kevin Smith (Silent Bob), Ben Affleck (Holden McNeil/Himself, Jeff Anderson (Randal Graves), Brian O’Halloran (Dante Hicks), Shannon Elisabeth (Justice), Eliza Dushku (Sissy), Ali Larter (Chrissy), Jason Lee (Brodie Bruce/Banky Edwards), Judd Nelson (Sheriff)
Produzione: View Askew
Distribuzione: Buena Vista
Durata: 104’
Origine: Stati Uniti, 2001

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