Philip K. Dick è decisamente uno scrittore cinematografico, uno di quei rari autori capaci di far sequenze con parole, tagliando i capitoli dei suoi libri come fossero le inquadrature di un perfetto découpage. Molti i registi – fra cui Ridley Scott, Paul Verhoeven e, da ultimo, Steven Spielberg con il suo "Minority Report" – che hanno tradotto in immagini questi flussi narrativi sempre sospesi fra fantascienza e politica, presagi e scenari apocalittici, con una realtà continuamente deformata e ricodificata dal moltiplicarsi degli sguardi e dal sovrapporsi di sottili veli dell'occhio. Un gioco di luci e ombre, di scambio e mistificazione dei punti di vista che ritorna puntuale anche in "Impostor", riduzione filmica di un breve racconto del 1952 – il periodo migliore della produzione dickiana – firmata da Gary Fleder, regista discontinuo ma abile come pochi a muoversi in spazi chiusi e strettoie visive.
Dalla pagina all'immagine, dalla carta alla celluloide: la messa in scena è il labirinto e l'azione, tutta l'azione, è solo un frenetico e nervoso girovagare interrogando un futuristico presente che non si lascia scrutare – …quell'"oscuro scrutare" che suona come uno dei re-frain dell'intera opera di Dick -, dove ogni cosa sembra procedere "in senso inverso". "Impostor" è l'odissea kafkiana dello scienziato militare Spense, autentico prototipo di eroe dickiano, prima salvatore della patria e poi, improvvisamente, nemico pubblico del genere umano, colpito dagli impalpabili meccanismi di un Potere che stenta a gettare la maschera. Una situazione ai limiti del paradosso che Fleder racconta dosando i colpi di scena, avvolgendo i personaggi in atmosfere claustrofobiche e opprimenti, interrompendo lo scorrere sicuro della narrazione con pause, occlusioni e intermittenze dello sguardo. Fino alla sequenza finale che scioglie gli accumuli di tensione e svela il mistero.
Sceneggiato, tra gli altri, da quel David Twohy autore di "Pitch Black", sicuramente uno dei migliori film di fantascienza di questi ultimi anni, e praticamente privo di effetti speciali, "Impostor" è una pellicola felicemente imperfetta, così irregolare da rispecchiare pienamente lo spirito e la lettera della scrittura di Dick. Un'opera in cui si respira l'aria di una certa fantascienza di serie B, raccolta e sagomata in involucri ambientali dove tutta la paura risiede nell'impossibilità di scorgere una linea di fuga.
Titolo originale: Impostor
Regia: Gary Fleder
Sceneggiatura: Scott Rosenberg, David Twohy, Caroline Case, Ehren Kruger, Mark Protosevich dal romanzo di Philip K. Dick
Fotografia: Robert Elswit
Montaggio: Bob Ducsay, Armen Minasian
Musica: Mark Isham
Scenografia: Nelson Coates
Costumi: Abigail Murray
Interpreti: Gary Sinise (Spence Olham), Madeleine Stowe (Maya Olham), Shane Brolly (ten. Burrows), Vincent D'Onofrio (Hathaway), Tony Shalhoub (Nelson Gittes), Lindsay Crouse (cancelliere), Erica Gimpel (giornalista), Tim Guinee (dr. Carone)
Produzione: Gary Fleder, Marty Katz, Gary Sinise per Dimension Film/Mojo Films/P. K. Pictures
Distribuzione: Buena Vista International Italia
Durata: 95'
Origine: Usa, 2002

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