Se il mondo intorno crepa, di Stefano Jacurti ed Emiliano Ferrera


Alla fine dello sforzo compiuto per ricucire i pezzi che danno forma al film Se il mondo intorno crepa viene in mente, forse lapalissianamente, che a registi come Stefano Jacurti ed Emiliano Ferrera, cresciuti a pane e Tex Willer, gli si riconosce il coraggio di perseguire a tutti i costi una passione

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Dopo Inferno Bianco la coppia di impavidi artigiani del western indie Stefano Jacurti ed Emiliano Ferrera (Clint Eastwood per l’amico e collega Stefano), tornano dietro e davanti la cinepresa del mediometraggio Se il mondo intorno crepa. Tutto ha inizio in un ranch moderno: Antonella Salvucci veste i panni di una cowgirl contemporanea che rammenta i tempi andati del selvaggio West, sfogliando un vecchio libro dalla copertina lisa. L’inquadratura attraversa lo spazio-tempo e l’atterraggio, tutt’altro che morbido, ci fa irrompere in un altro saloon infestato da bifolchi e puttane: tra di loro una creatura di rara bellezza, una prostituta cieca di nome Sheila (Emanuela Ponzano) cerca un corpo da servire per racimolare qualche spiccio. Aggrappandosi alle risa di scherno la ragazza grida al cielo il prezzo della sua mercanzia, ottenendo in cambio l’amaro allontanamento dal locale.

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L’immagine della donna sola, sdraiata sul pavimento e derisa è metonimia figurativa di un mondo lasciato all’abbandono, privo di regole, dove gli ultimi hanno smesso di contare anche sul proprio corpo. Quel mondo che ogni giorno raccontano i tg, quel mondo fatto di emarginati e sfruttati che i due registi volevo raccontare attraverso una metafora dal sapore nostalgico. Il mito del West riproposto da Stefano Jacurti ed Emiliano Ferrera bolle nelle vene di tre personaggi: i fuorilegge Black Burt, detto “il poeta”, data la sua mania di recitare in versi prima di togliere la vita al malcapitato di turno, Butcher Joe conosciuto come “il macellaio”, spietato killer a sangue freddo e Bill Carson, misteriosa autorità che agevola il passaggio del tòpos della vendetta a quello di espiazione da parte del “poeta”.

Nell’universo preminentemente maschile del West, oltre alla rivalità e allo scontro fisico tra i personaggi, l’idea (non originale) di affidare ad una donna “significante” il ruolo simbolo dell’involuzione sociale ed economica attuale fa riconoscere all’obiettivo etico perpetrato dai registi una nota di plauso. Purtroppo però l’elaborazione in termini filmico-narrativi del testo risulta confusa: le inquadrature passano sullo schermo come un collage privo di mastice, il cui unico sostentamento è rappresentato dal suggestivo paesaggio ritrovato dell’Abruzzo e quello dell’Almeria.
Alla fine dello sforzo compiuto per ricucire i pezzi che danno forma al film Se il mondo intorno crepa viene in mente, forse lapalissianamente, che a registi come Stefano Jacobucci e Emiliano Ferrera, cresciuti a pane e Tex Willer, gli si riconosce il coraggio di perseguire a tutti i costi una passione. Una passione che ha accomunato due cowboy di generazioni diverse e li ha spinti a realizzare con Un piede nell’inferno del low budget, una storia con del potenziale.

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