Il Ministro, di Giorgio Amato

Il Ministro, commedia grottesca sul rapporto tra gli italiani e il Potere, è una pellicola più interessante e audace, di quello che l’impietosa prima inquadratura può far immaginare.

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Il Ministro, commedia grottesca sul rapporto tra gli italiani e il Potere, è una pellicola più interessante e audace di quello che la locandina, il trailer o l’impietosa prima inquadratura su degli escrementi canini, può far immaginare. Il film di Giorgio Amato, infatti, racconta la terribile notte passata dal piccolo industriale borghese Franco (Gianmarco Tognazzi, ormai abbonato a questa tipologia di ruoli), alle prese con le atroci richieste di un potentissimo e affamatissimo ministro (Fortunato Cellino), unico in grado di sbloccare l’appalto che alla sua azienda permetterebbe di svoltare. Il regista, però, nell’affrontare una storia perfetta per una commedia sugli equivoci, non sceglie la strada, scontata, della farsa sulla corruzione. Amato, invece, con un’ammirevole ambizione trasforma la sua opera in una fotografia spietata delle degenerazioni del Potere e di un paese allo sbando. E’ in quest’ottica che l’enfatizzazione sui nudi e sulle scene di sesso, ai limiti del soft-core, più che una trovata furba assume un’importanza decisiva, precipitando Il Ministro in un’atmosfera malsana e oscena che non fa che sottolineare le parabole a-morali dei suoi personaggi.

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I mostri di Amato (e il riferimento al film di Risi e alla commedia amara anni sessanta) sono tutte figure borderline, destinate alla disfatta. L’autore, poi, si diverte a sfruttare anche la confezione da commedia borghese di origine francese (quella di Una cena tra amici, per intenderci) facendo sorgere il dubbio che il suo script possa aver avuto un’origine teatrale. Il Ministro non si vergogna nemmeno di mostrare i suoi tanti limiti, imputabili più alla ristrettezza di mezzi e tempi che a effettivi errori concettuali del regista. Questi, però, sono bilanciati dalle aspirazioni indipendenti e naturali di un progetto che ha la fortuna di alternare sempre a una gag caricata l’intuizione cinica e improvvisa di uno sguardo e un gesto. Probabilmente se la storia fosse stata concepita come nella dimensione di un episodio, la necessaria compattezza della struttura avrebbe evitato i cali di ritmo, ma è innegabile, che anche cosi, il film di Amato riesca a dare la giusta e onesta risposta alle proprie ambizioni.

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