AQUARIUS – incontro con il regista Kleber Mendonça Filho

Il regista brasiliano ha presentato il suo ultimo film Aquarius, presentato in concorso all’ultimo festival di Cannes, che ha per protagonista una bravissima Sonia Braga.

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Presentato in concorso al Festival di Cannes di quest’anno ed eletto dai Cahiers du cinéma tra i migliori film del 2016, Aquarius, opera seconda del regista Kleber Mendonça Filho, uscirà nelle sale italiane il prossimo 15 dicembre. Lo abbiamo intervistato oggi a Roma in occasione dell’incontro con la stampa.

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Clara è un personaggio letteralmente straordinario e pieno di contraddizioni. Chi è realmente e a chi si è ispirato?
Ho scritto il personaggio interpretato da Sonia Braga pensando a mia madre. Ci ho messo del tempo a elaborare questo fatto: lei è morta nel ’95 quando aveva cinquantaquattro anni ed è come se Clara fosse nella mia testa l’estensione, l’immagine di quello che mia madre sarebbe stata se fosse arrivata ai sessantacinque anni. Ovviamente non è un documentario su di lei, ma io mi sono sentito molto a mio agio nello scrivere il personaggio e non ho dovuto fare alcuna ricerca proprio perché sentivo di conoscerla già. Sapevo che tipo di donna fosse.

A Cannes, quando fu visto per la prima volta, il film venne accolto anche come un testo politico. Una sorta di opposizione al governo brasiliano. Come è stato accolto in Brasile? E’ continuato il dibattito in merito alle posizioni prese nella pellicola?
Dalla presentazione a Cannes fino ad oggi, non c’è giorno in cui non esca un articolo che trovi il mio film fortemente legato alla situazione politica odierna del Brasile e questa è una cosa folle, contro cui mi batto fortemente. Non c’è alcuna associazione tra la pellicola e ciò che accade nel mio Paese. Questa concezione ha portato Aquarius ad essere escluso dalla lista dei film candidati agli Oscar per il Brasile, preferendone uno sconosciuto. Sono assolutamente folli le associazioni che si sono fatte e continuano ancora a fare, non c’era alcuna pianificazione in merito.
Altresì, devo dire che un piccolo gesto politico però è presente: circa dieci anni fa sono stati costruiti due enormi grattacieli di quaranta piani, nel centro della città, senza alcuna autorizzazione e totalmente esenti da qualunque legalità, una sorta di torri gemelle. In postproduzione ho voluto cancellarne le tracce, così che nel film non apparissero. Ovviamente la cosa non è sfuggita alla stampa, che mi ha inoltre criticato per aver alterato la realtà. Il punto è che questo è il mio film, la mia opera, quindi decido io cosa fare vedere o meno.

Nel suo film la protagonista è una critica musicale. Eppure il primo elemento che emerge dal presente di Clara è una locandina cinematografica, Barry Lyndon di Stanley Kubrick, che ritroviamo in diverse scene. Perché proprio questo film? Ha un significato particolare per lei?
Sicuramente l’appartamento di Clara diventa una sorta di archivio personale, come ognuno di noi fa in casa propria. Se tu come regista controlli tutte le inquadrature del film, riesci a includere anche tanti dettagli della vita del personaggio, che danno certamente un sapore più forte al racconto stesso della protagonista. Per dirvi quanto spesso si fa dietrologia su queste cose, è uscito un articolo recentemente in Brasile riguardo a un libro: la cognata di Clara, nel film, ha una libreria e c’è una scena in cui loro tirano fuori per pochi secondi un libro, scritto da un mio amico che considero un autore di talento. Io ho semplicemente voluto far vedere per quei pochi secondi il titolo del romanzo in questione, per gusto personale, ma la stampa ha pensato che in questo ci potesse essere qualche significato recondito. Niente di più sbagliato. E qui mi ricollego a Barry Lyndon, per cui vale lo stesso discorso. E’ un film che io amo, ho immaginato che Clara lo avesse visto nel ’76, quando uscì nelle sale, e che magari in qualche suo viaggio in Francia avesse comprato questa locandina. Non c’è alcuna dietrologia, sono elementi che arricchiscono il personaggio. Mi è stato chiesto se fosse un riferimento alle zoomate, alla tecnica registica.. in realtà io pensavo a De Palma!

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Riguardo i brani musicali, perchè ha scelto determinati pezzi piuttosto che altri? La musica sembra essere quasi un secondo personaggio nel film.
Sicuramente scegliere la musica per un film è un compito difficile. Io amo i Radiohead ma non li userei mai, non ritengo che la loro musica sia adatta alle mie storie. All’inizio del film sentiamo i Queen con Another one bites the dunst che secondo me racconta bene l’atmosfera di quel particolare momento. La mia linea guida per scegliere i brani si riassume in un rapporto di completezza tra le mie idee e ciò che sto raccontando, deve essere un dettaglio principe che risalta e dà maggiore significato al momento che si sta filmando. E’ difficile capire per un regista quale sia il brano perfetto per una tale scena, ci vuole molto lavoro a riguardo. E’ come creare la playlist per il compleanno di un amico: devi pensare a lui, alla sua situazione, ai suoi desideri. La stessa cosa accade per un film.

Nel suo film affronta il tema del cancro, nel particolare quello femminile del tumore al seno, cosa molto traumatica per una donna. Nel farlo c’è una grande sensibilità, un forte equilibrio e tanto realismo. Si è confrontato sulla questione anche con l’attrice Sonia Braga? Come ha sviluppato il percorso?
Sonia Braga ha capito ogni aspetto della sceneggiatura sin dal primo momento, senza mai fare domande su tale aspetto, proprio per questo non c’è stato bisogno di discutere a riguardo. Penso sia stato molto coraggioso da parte sua prestarsi a questo ruolo: in Brasile è considerata il simbolo della femminilità, della sensualità. Mostrarsi in scene di nudo, mutilata da una mastectomia, è stato un forte gesto. Personalmente ho vissuto la tragedia del cancro su mia madre, per ben due volte. E’ stato proprio quello del ’95 a portarsela via. Non è stata una decisione proprio inconscia. Credo che chi riesce a sopravvivere al cancro si senta un pò come una sorta di supereroe che ha sconfitto il grande nemico. E in passato, alla prima comparsa della malattia, fu così anche per mia madre. Questa forza volevo riportarla in Clara. Mi piace che questo aspetto di mia madre sia presente nel film.
Molti tendono a percepire l’uomo che rifiuta la protagonista dopo aver saputo del suo problema al seno, come un bastardo. Lo si liquida come un personaggio totalmente negativo. Nella realtà la situazione non è così semplice. L’accenno al passato dell’uomo dovrebbe far riflettere sul fatto che probabilmente anche lui stesso ha vissuto una situazione simile con la moglie defunta. E’ stata una mia scelta quella di rendere il loro dialogo molto sottile e probabilmente è qui l’errore: molti non lo hanno compreso, scendendo subito ad un’evidenza che in realtà non è tale.

Pochi giorni fa i Cahiers du cinéma hanno pubblicato la loro top ten per il 2016, in cui troviamo anche il suo Aquarius. Come ha reagito e quanto è importante la critica per lei?
Sono stato un critico cinematografico per tredici anni e ora sono felice di trovarmi al lato opposto, di poter dirigere e fare film. Ma proprio per il mio passato ho una conoscenza dell’ambiente critico e dei suoi meccanismi, un fattore che mi porta maggiormente ad apprezzare questa scelta dei Cahiers du cinéma. E’ un risultato veramente straordinario per me. Sono nato come un cinefilo per poi passare alla critica, e nessuno può ignorare l’importanza che hanno avuto nella storia e che tutt’oggi continuano ad avere. Sono onorato, tanto quanto lo sono di aver lavorato con la grande Sonia Braga. Sono risultati che difficilmente ti aspetti ed averli realizzati è un grande traguardo. Come lo è anche essere apprezzato da critica e pubblica all’unisono, cosa che accade raramente nel cinema. Sono molto fortunato.

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