Arrivederci, Berlinguer!, di Michele Mellara e Alessandro Rossi

Nella serata finale del Pordenone Docs Fest la proiezione del film di montaggio con musiche originali di Massimo Zamboni eseguite dal vivo. Quasi un’esperienza immersiva, un montaggio “emozionale”

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Come ripensare oggi un’eredità d’archivio audiovisivo, ma soprattutto politica, nella malconcia Italia contemporanea? A provare a rispondere all’urgenza di tali questioni ci pensano, brillantemente, Michele Mellara e Alessandro Rossi, già autori di Pascoliana e La febbre del Fare – Bologna 1945-1980 con il progetto cine-musicale Arrivederci, Berlinguer!. Co-produzione tra Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico e Cinemazero, presentata in anteprima nella serata finale del Pordenone Docs Fest e che presto raggiungerà altre città, come ad esempio Roma il prossimo 6 maggio. Un film di montaggio, per usare un’antica definizione, che rielabora secondo le coordinate del found footage, il film collettivo del 1984 L’addio a Berlinguer realizzato all’epoca da innumerevoli cineasti italiani come Bernardo e Giuseppe Bertolucci, Roberto Benigni, Carlo Lizzani, Luigi Magni, Giuliano Montaldo e Gillo Pontecorvo. Pellicola che, con vocazione mosaica, assemblava immagini dell’ultimo comizio di Berlinguer a Padova con le manifestazioni di piazza, e il lunghissimo cordoglio, durante i funerali del segretario generale del Partito Comunista scomparso nel giugno del 1984.

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Mellara e Rossi compiono l’intelligente operazione di depotenziare la solennità celebrativa del montaggio originale per amplificare ancora di più, e “straordinariamente” in soli 50 minuti, il calore umano, la passione e l’abnegazione di una figura irripetibile della storia della politica italiana. Nel farlo, i due cineasti hanno accuratamente “sezionato” lo sterminato materiale messo a disposizione dell’AAMOD, inserendo alcuni stralci del pensiero di Berlinguer che si lega all’attualità più urgente come la questione femminile, il lavoro e i problemi morali e generazionali. Emerge così non solo la statura irraggiungibile dell’uomo e del politico ma soprattutto, nell’osservare la partecipazione delle masse popolari al suo funerale, il film diventa testimonianza e al tempo stesso j’accuse alla mutazione antropologica di un’Italia oramai sideralmente distante da una politica intesa in primis come collettività.
Quasi un’esperienza immersiva – nel flusso dei canti, delle lacrime e dei pugni chiusi – il montaggio del film, «pensato in chiave emozionale» come hanno dichiarato i registi, è accompagnato dalle splendide musiche composte da Massimo Zamboni e suonate dal vivo durante la proiezione. Un incantevole, essenziale vortice di colori e melodie appena pronunciate che diventano, in sottrazione, potentemente maestose e sublimi. E, come nel suo ultimo splendido disco La mia patria attuale, l’ex membro dei CCCP e C.S.I. si addentra con poesia e intelligenza sia nel cantautorato che nei territori della spoken word.
La colonna sonora del cine-concerto diventa così quasi un recitativo polifonico, con arpeggi di chitarre che ricordano le tessiture di Michael Rother, dove Zamboni – insieme a Erik Montanari e Cristiano Roversi – compone una sorta di orazione funebre in musica non solo sul corpo politico di Berlinguer ma anche sulle macerie di un Paese.

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4
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Il voto dei lettori
4.67 (3 voti)
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