BERLINALE 57 – "Crossing the Line", di Daniel Gordon (Panorama Dokumente)

La folle storia di James Joseph Dresnok portata al cinema dal documentarista inglese Daniel Gordon: un ritratto potenzialmente molto interessante finisce con l´essere sprecato per vizi di forma, per l´essersi accontentati di raccontare una storia senza un impianto formale adeguato, limitandosi a ragionare sulla superficie delle cose

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Provare a penetrare nel misterioso mondo rappresentato dalla Corea del Nord e´ probabilmente il cruccio cinematografico piu´ rilevante dell´universo documentaristico contemporaneo, sempre piu´ frastagliato e variegato da offrire molto piu´ che una valida alternativa sia all´altra grande meta´ cinematografica, quella della fiction, sia alla televisione che vogliia dirsi o farsi "intelligente".

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Sempre qui a Berlino lo scorso anno rimanemmo estasiati da come una "piccola" regista nippo-coreana fosse riuscita a trasformare il proprio album di famiglia in un ritratto, si´ confidenziale e intimo, ma con un respiro di portata epocale. "Dear Pyongyang" della regista Yonghi Yang vinse lo scorso anno al Sundance, e in Italia lo abbiamo potuto vedere al IV Asian Film Festival di Roma, e fu davvero una bella scoperta.


Il miracolo quest´anno non si e´ ripetuto perche´ il documentarista inglese Daniel Gordon, da sempre attratto dall´allucinato mondo della Corea del Nord (questo, infatti, e´ il terzo documentario che il regista compie nel paese asiatico, dopo "The Game of Their Live" e "A State of Mind"), con il suo "Crossing the Line", pur avendo a disposizione un ottimo materiale umano, non e´ riuscito a plasmarlo a dovere, accontentandosi colpevolmente di rimanere in superficie, restando ancorato ad un´immagine piatta e televisiva nemmeno tanto "intelligente"…

La storia di James Joseph Dresnok era, di per se´, piu´ che interessante: soldato statunitense di guardia al confine tra la Corea del Sud e quella del Nord, lungo quel tristemente famoso 38º parallelo, Dresnok a mezzogiorno del 15 agosto del 1962 varco´ il confine per abbracciare la folle ideologia del leader nordcoreano Kim Il Sung.


"Un uomo senza piu´ nulla dove puo´ andare?", si chiede Dresnok nel film: la risposta e´ in quel crossing the line, nel varcare la linea nemmeno tanto immaginaria che divideva dua paesi in guerra e stabilirsi a Pyongyang, non prima di rischiare di essere ucciso dai soldati nordcoreani, sia chiaro…


Ma oltre alla storia personale di Dresnok, divenuto poi celebre in Corea del Nord per aver interpretato la parte dell´americano villano in molti film locali, trovano spazio altre storie di intrighi e misteri che stanno dietro ad ogni guerra: storie di altri disertori statunitensi poi pentitesi, come Charles Robert Jenkins rientrato negli Usa dopo 40 anni trascorsi a Pyongyang (ed e´ divertente osservare come Dresnok si infuri per questo voltafaccia del compagno d´armi e di diserzioni…), o di altri che sono rimasti in Corea e hanno messo su´ famiglia.


Su tutto questo, e lo ripetiamo, agisce senza soste la mannaia fredda del piattume televisivo, ed e´ l´estetica da reportage classico a farla da padrone e a imbalsamare il tutto.

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