Bullet Train, di David Leitch

Non può fermarsi un attimo, nel timore di rivelare la sua evanescenza. Il suo ritmo rutilante è la condanna di tutto il cinema di David Leitch

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Nel corso degli anni, la saga di John Wick ha vissuto un chiaro spostamento di immaginario. Il primo film (2014) sembrava ispirato da un graphic-novel senza esserlo mentre il terzo (2019) si orientava verso delle suggestioni visive più marcatamente cinematografiche. Il motivo di questo cambiamento potrebbe essere ascritto alla posizione sempre più defilata di David Leitch. Il coregista dell’esordio è rimasto come produttore ma lo sviluppo del personaggio è stato felicemente rifinito dalle sceneggiature di Derek Kolstad. L’inconfondibile impianto coreografico è stato garantito dalla presenza di Chad Stahelski dietro la macchina da presa. La spettacolarità non ne aveva risentito e si era arricchita di una gradita profondità epica.

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Bullet Train conferma il talento ma anche l’ostentata superficialità di David Leitch. In più, ribadisce come ormai sia inutile tentare di distinguere la gerarchia delle contaminazioni. Il film assomiglia ad un fumetto ma è solo l’adattamento di un romanzo giapponese che a sua volta sembrava un comic-book. Il libro aveva inevitabilmente qualche debito con alcuni gialli di Agatha Christie, a partire dal l’ambientazione unica del treno. In più, le situazioni tipiche del cinema di azione orientale sembrano un importante denominatore comune. Vale la pena provare a stabilire chi ha influenzato chi? La fotografia di Jonathan Sela è una riuscita sintesi grafica di questo patchwork condannato a non fermarsi un attimo. Bullet Train non ha ancora chiarito il dubbio: i suoi film sono rutilanti perché prendersi una pausa metterebbe a nudo la loro evanescenza?

Il suo cinema si nutre di atmosfere costruite da altri medium e assemblate con un notevole senso del ritmo e dell’iperbole. Tuttavia, permane la sensazione che i personaggi siano un mezzo e non un fine. Di più, che non sia molto importante approfondirli e che sia altamente sconsigliato affezionarvisi. La loro presenza vale solo in funzione dell’effetto e può essere sacrificata se l’occasione di un’acrobazia lo richiede. Non è un caso che Hobbs & Shaw (2019) e Deadpool 2 (2018) siano i film più coerenti del regista. Dwayne Johnson e Jason Statham erano perfettamente compatibili con l’unica esigenza di mettere in scena dei corpo a corpo e degli inseguimenti sempre più pirotecnici. Ryan Reynolds era abilissimo ad arricchire le peripezie del suo antieroe con una serie sterminata di battute e di volgarità esilaranti. Bullet Train è ugualmente godibile ma non va mai oltre lo sfoggio di un puro manierismo in cui l’azione è l’unico movente.

La trama si concentra sul ruolo del destino e della sorte ma il film sfrutta il tema solo per amplificare il senso rocambolesco delle sue sequenze di combattimento. Ambientato in Giappone, il film ha come protagonisti alcuni killer di professione che stanno viaggiando su un treno ad alta velocità. Tra loro c’è anche Ladybug (Brad Pitt) che ha l’incarico di recuperare una valigetta. Una volta salito a bordo, scopre che anche gli altri assassini hanno lo stesso obiettivo.

Le cose, gli animali, le persone più disparati finiscono per caso addosso ai personaggi come oggetti contundenti o come oggetti per contundere. Spesso, non salvano solo la loro vita ma danno anche il senso ad una scena intera. Gli attori hanno la grande virtù di sposare l’atmosfera di divertissement offerta dal film. Brad Pitt gigioneggia in modo compiaciuto e Aaron Taylor-Johnson e Brian Tyree Henry reggono lo stereotipo tarantiniano dei sicari che discutono su ogni cosa. Il corollario di coprotagonisti giapponesi e la grande apparizione finale di Michael Shannon non vanno mai oltre la divertente macchietta.

Non c’è motivo di essere troppo severi con Bullet Train perché sa come regalare due ore di onesto intrattenimento. L’importante è non essere troppo esigenti e accettare di essere travolti. David Leitch resta molto più onesto e molto meno volgare di Guy Ritchie. Se non altro, l’elaborato congegno di ogni esplosione, di ogni colpo e di ogni capitombolo è il frutto della sua lunga gavetta come stunt-man. Il film non ha molto da offrire ma la sua proposta limitata è della migliore qualità possibile. Chissà quale sarà l’ambientazione in cui il regista farà di nuovo la stessa cosa in uno scenario diverso.

 

Titolo originale: id.
Regia: David Leitch
Interpreti: Brad Pitt, Sandra Bullock, Aaron Taylor-Johnson, Brian Tyree Henry, Joey King, Andrew Koji, Michael Shannon, Zazie Beetz, Logan Lerman, Bad Bunny
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 126’
Origine: USA, Giappone 2022

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
2.5
Sending
Il voto dei lettori
2.67 (21 voti)
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