CANNES 65 – Incontro con Ken Loach

ken loach
Ken Loach presenta in Concorso The Angels’ Share, in presenza del suo sceneggiatore Paul Laverthy e due dei suoi attori, Paul Brannigan e Charlie McLean. Girato a Glasgow, è la storia di un gruppo di giovani scozzesi costretti ai lavori socialmente utili per le loro malefatte. Nel tentativo di mettere la testa a posto, escogita un bizzarro colpo che potrebbe risolvere tutti i problemi . Una delle conferenze stampa più spassose del festival, in cui si è parlato di whisky, politica e censura.  

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Ken Loach presenta in Concorso The Angels’ Share, in presenza del suo sceneggiatore Paul Laverthy e due dei suoi attori, Paul Brannigan e Charlie McLean. Girato a Glasgow, è la storia di un gruppo di giovani scozzesi costretti ai lavori socialmente utili per le loro malefatte. Nel tentativo di mettere la testa a posto, escogita un bizzarro colpo che potrebbe risolvere tutti i problemi . Una delle conferenze stampa più spassose del festival, in cui si è parlato di whisky, politica e censura.  

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Quali sono i motivi per cui si è interessato a raccontare questa storia?
Alla fine dell’ultimo anno, in Inghilterra il numero di giovani allo sbando ha superato il milione per la prima volta. Volevo parlare di questa generazione che non hanno più prospettive per l’avvenire. Essi hanno quasi la certezza di non riuscire più a trovare un lavoro stabile.
 
 
Perché ha voluto girare a Glasgow?
Ci sono altre città come Liverpool , Newcastle o Manchester dove avrei potuto girare questo film, ma il mio sceneggiatore vive vicino a quelle zone e quindi le conosce molto bene. Poi Glasgow è una città di grande ricchezza, con una forte identità incarnata nella cultura dei suoi abitanti, per il grande senso dell’umore e di solidarietà.
 
 
Perché ha scelto di fare una commedia?
Per spirito di contraddizione. Ho sempre pensato di uscire dalle classiche strade battute. Non sempre la vita di questi giovani, ai quali mi sono interessato anche in passato, deve finire in tragedia. Dal punto di vista narrativo, per me però non cambia niente, il lavoro si sviluppa come girassi un dramma.
 
 
Nel film c’è una metafora da scoprire legata al whisky?
Se mi mettessi a ragionare sulla metafora rischierei di essere un po’ pretenzioso. Penso che spetti allo spettatore giudicare. Mi interessava soprattutto quella speranza di libertà che i miei protagonisti fanno ormai fatica a credere. Il whysky gioca un po’ lo stesso ruolo che l’uccello per Billy Casper in Kes, mio film del 1969. È attraverso il whisky che Robbie, scopre il suo talento nella degustazione. L’unica differenza è che Casper aveva un lavoro negli anni ’60, mentre Robbie deve sbarcare il lunario ogni giorno e trovare assolutamente la sua strada.
 
 
A proposito della censura…
La classe media britannica è caratterizzata da un modo di parlare particolarmente volgare e aggressivo e quindi non potevamo ripulire eccessivamente il linguaggio, perchè si rischiava di allontanarsi eccessivamente dalla realtà.
 
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