C’è una videocamera che inquadra quello che può. Possono essere fatti apparentemente insignificanti, invece ognuno ha un suo valore. Dalle gocce che cadono sui piedi, all’arrivo del luogo di vacanza, all’uccisione di un pollo fino a quello più indiscreto della madre infelice. Per Dune la telecamera è un altro modo per comunicare, per mostrare quello che non riesce a dire con le sue parole. Ma è anche il suo diario e, in futuro, la testimonianza del proprio passato. Non è un caso che sia Dune, la protagonista di Cet été-là e Sophie, la ragazzina di Aftersun, usino entrambe la telecamera per costruire la propria memoria. Hanno entrambe 11 anni, sono in vacanza e un rapporto complicato ma un legame profondissimo con i genitori nel primo caso e solo con il padre nel secondo.

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Dune torna nello stesso luogo di villeggiatura dove rivede l’amica coetanea Mathilde. Trascorrono molto tempo insieme, camminano attraverso il bosco e s’intrufalano nelle feste dei ragazzi più grande. Ma per Dune quesa è un’estate diversa, con molti cambiamenti.

Nel cinema di Lartigau c’è ancora la figlia che rappresenta la guida della famiglia. In La famiglia Bélier, la sedicenne Paula è l’unica che parla in una famiglia di sordomuti. E in Cet été-là è sempre Dune che rappresenta il trait-d’union fondamentale tra un padre apparentemente spensierato ma in realtà inconsapevole della crisi familiare e una madre che non ride mai. Ha la grazia di un film di Claude Miller e una contagiosa energia. Il rapporto tra Dune e Mathilde somiglia a quello tra Charlotte e l’amichetta malata Lulu in L’éffrontée. Sarà percé ti amo. Ma soprattutto Lartigau entra nella testa e racconta in modo trasparente le emozioni della protagonista, interpretata con grande naturalezza e piglio sicuro da Rose Pou Pellicer. Anche a livello di recitazione, diventa lei il punto di collegamento con un cast che funziona benissimo, da Gael García Bernal e Marina Foïs nei panni dei genitori, Angela Molina in quelli della nonna e Chiara Mastroianni che è la madre di Mathilde. A colpire però è l’aderenza totale con cui viene mostrato il passaggio dall’infanzia all’adolescenza. Ci sono i primi impossibili innamoramenti, i film che l’anno prima non si potevano vedere (il dvd di Piranha), le scoperte e le rivelazioni senza freni (la ragazza incinta) e i traumi nascosti che Lartigau ha il merito di non eslicitare ma di tenerli in stand-by fino alla fine.

Cet été-là è così autentico che non sembra esserci finzione. Potrebbe essere come un Gondry documentarista (L’épine dans le coeur) dove scorre sempre un’altra storia dietro o anche dentro la storia vera. Bastano anche i dialoghi che non sembrano scritti ma uscire dall’impeto, la rabbia o la riflessione del momento, come nella scena in cui Dune dice alla madre “Sgridami meglio che sembra che te ne freghi” o pensieri della protagonista come “Come mai i genitori obbligano i figli ad essere felici”. C’è tanta verità, profondità, allegria e dolore in un film che oscilla tra commedia e dramma, che è solido come una roccia ma lascia tante zone neutre come tutta la scena della minaccia del cinghiale. Un incanto.

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