CINEMA – 1a Festa Internazionale di Roma – "Offset" di Didi Danquart (Fuori Concorso)

Ragionato e calibrato fin nelle inquadrature, il film di Didi Danquart, cadenzato secondo una ripetitività che sembra dare sicurezza, l'unica. Sono immagini molto potenti, che spiegano senza parlare, richiamandosi l'un l'altra. Germania e Romania che si guardano negli occhi, con la voglia di amarsi, ma la difficoltà di capirsi davvero

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Nella prima delle due giornate italo-tedesche, pensate per riflettere concretamente sullo scambio cultural-cinematografico tra Italia e Germania e sulla possibilità di coproduzioni tra le due nazioni europee, è stato presentato Offset, uno dei tre film Fuori Concorso, accolto da applausi calorosi e divertiti dal pubblico in sala, tra i quali spiccavano il regista Didi Danquart e la protagonista femminile, Alexandra Maria Lara.

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Il film stesso parla di scambi, di tutti i tipi. Scambi commerciali e culturali. Scambi di parole, di baci, di promesse. Scambi di opinione. Scambi che non riescono ad instaurarsi in modo sano, proficuo, equo, a causa di un errore di fondo, un difetto di comunicazione, che mette in crisi un matrimonio e non solo. Il triangolo amoroso sì c'è, ma non solo. La scena viene rubata da tutt'altro, da qualcosa che dovrebbe rimanere sulla parete, come un quadro o  la cartina geografica, che rimane lì, dietro la scrivania di Nini, appesa al muro. Un qualcosa che suona amaro e cupo, che si avverte fin dall'inizio, riflettendosi sugli ambienti e sulle luci e poi esplode a cena, in mezzo a tedeschi e rumeni, che si palleggiano infruttuose conversazioni ridotte a brandelli, a singole frasi gettate nel mucchio. Rumeno, tedesco, francese.


Ragionato e calibrato fin nelle inquadrature, il film di Didi Danquart, cadenzato secondo una ripetitività che sembra dare sicurezza, l'unica. Sono immagini molto potenti, che spiegano senza parlare, richiamandosi l'un l'altra, seguendo geometrici parallelismi. Stefan e Brundusia, l'uno di fronte all'altro in una giornata di sole, quando mancano pochi giorni al matrimonio. Germania e Romania che si guardano negli occhi, con la voglia di amarsi, ma la difficoltà di capirsi davvero. Lo scopriranno solo dopo: Stefan e Brundusia di nuovo a confronto, ma senza luce, disegnando nel buio la paura di perdersi. Le loro sagome nero su nero, in un tunnel che curva verso il nulla.


Le risate scattano puntuali, ma non certo per la comicità dell'impianto, che non ha proprio nulla di divertente. Più che altro sono risate generate dal grottesco, dall'ironica amarezza di una constatazione, magari non originale. Originali sono i mezzi per portarla sullo schermo, quella mancanza di comunicazione che permea l'intera vicenda. I tentativi di risoluzione sono blandi e costantemente distrutti dalle poche parole della madre di Stefan, piene di luoghi comuni, anche loro gettati nella mischia, a comporre il puzzle delle incomprensioni.


La genialità di questo film sta in quello che riesce a dare senza sforzarsi di dire. Si sente il vuoto, l'insicurezza, nel pubblico e nel privato. Le parole vanno a fondo, come sassi lanciati nell'oceano. Un film che procede in circolo, come l'auto di Nini in quella piazza, come la macchina da presa puntata sul soffitto, come Brundusia, che ritorna sui suoi passi. Prima però ci vuole una scossa, uno sparo che metta tutti a tacere. Forza, si torna a casa. La festa è rimandata. A data da destinarsi.

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