CINEMA. Festa Internazionale di Roma 2007 – "Rendition" di Gavin Hood (Première)

L’ennesima occasione persa di questa seconda edizione della Festa del Cinema di Roma: Rendition, del premio Oscar sudafricano Gavin Hood (Tsotsi), è un film che vorrebbe indagare, indignare, incolpare e invece finisce solo con l’essere lo specchio dove sentirsi tutti più buoni o più cattivi, dipende solo da quale lato ci si guarda…

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Chiedetelo a Gavin Hood, l’autore sudafricano che lo ha vinto con Tsotsi nel 2006, che dopo nemmeno due anni sembra già stato cannibalizzato da Hollywood, al punto da arrivare a dirigere l’ennesimo capitolo della saga degli X-Men (X-Men Origins: Wolverine, per la precisione, uscita prevista per il 2009…). Il ponte tra le gang di Johannesburg e i superpoteri di Wolverine sembra essere questo Rendition, storia di rapimenti e torture in salsa yankee, che rende davvero bene l’idea di come si sia ridotto oggi il cinema d’impegno civile, non diciamo quello militante, ma quantomeno quel filone cinematografico che fa dell’analisi seria e rigorosa il proprio marchio di fabbrica.  Diciamolo subito, forte e chiaro, che Rendition sta all’impegno civile come Antonioni allo slapstick: Hood si è affidato  esclusivamente ad una sceneggiatura di ferro che, ad onor del vero, fa acqua da tutte le parti, visto che la credibilità svanisce al terzo titolo di testa, e imperniando tutto il film di quel tipico moralismo che offusca tanto cinema che vorrebbe dirsi e farsi “squarciatore di veli”. Il velo sulle “(Extra)Ordinary Rendition”, le operazioni segrete della CIA messe in atto dopo l’11/09 un po’ in tutto il mondo per estorcere informazioni sul terrorismo globale (ricordate la storia di Abu Omar, l’imam di Milano “prelevato” per strada da un commando italo-statunitense?), Hood si limita a scostarlo un poco, forse per timore o forse proprio per dei limiti fisiologici, fatto sta che la sua -più che una denuncia- sembra essere una timida istantanea. Ecco, possiamo dirlo senza timore alcuno, Rendition si adatta stupendamente a questo clima finto-impegnato, medio-borghese e buonista che permea la Festa di Roma.

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