Dentro e fuori il cinema francese

A Parigi si discute sull’ultimo film di Ozon (“8 femmes”) e sulla nuova legge sul cinema indipendente, mentre riscuote un incredibile successo la musica “bollywoodiana”, e il Beaubourg rende omaggio a Brian De Palma con una retrospettiva completa

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Negli ultimi giorni Parigi ha visto i propri negozi musicali, i grandi magazzini come i rivenditori specializzati situati in particolare nei dintorni della Gare dell’Est, venire invasi da circa una ventina di nuove compilations che stanno riscuotendo un enorme successo. In particolare si tratta di colonne sonore delle pellicole indiane che, ogni anno, copiose, sono prodotte dall’industria cinematografica di Bollywood. Se solo fino a qualche anno fa nomi come Asha Bhosie e Rahul Dev Barman erano praticamente sconosciuti ai più, ora si riconosce loro il merito di aver firmato un numero altissimo di colonne sonore dei grandi classici dei film bollywoodiani: KISMET, TALASH, etc…, tanto da venire indicati come dei Morricone o dei Badalamenti asiatici. Negli anni ’60 questi due compositori producono delle colonne sonore ipnotiche e psichedeliche, occidentalizzando degli strumenti appartenenti alla loro cultura tradizionale, primo tra tutti il sitar, con il fine di fare dell’esotismo un effetto stilistico. La recente apertura dello spirito dei DJs che ogni notte fanno ballare migliaia di francesi (Parigi è una città attivissima dal punto di vista delle tendenze musicali moderne, culla del famigerato “French Touch”) ha permesso di scoprire, e a volte di volgarizzare, un tale patrimonio ignorato fino ad oggi, dando vita a serate in cui i dolci suoni dell’India si mescolano a quelli più acidi dell’Occidente. Il vento, musicale, dei Monsoni soffia forte sulla capitale francese. Lo scorso 29 dicembre è stata pubblicata sul “Journal officiel” una nuova regolamentazione riguardante le sovvenzioni da accordare al “CINEMA INDIPENDENTE FRANCESE”, decisamente più morbida ed elastica rispetto alla precedente proposta di legge. I decreti che regolamentano gli investimenti in materia dei passaggi dei film in televisione, sono stati recentemente modificati in previsione della futura televisione digitale terrestre (TNT). Il primo provvedimento che è stato sottoposto a modifica è stato quello che concerne i canali in “chiaro”. Pubblicato il 9 luglio 2001, questo induceva un cambiamento nella definizione stessa di film”indipendenti”, ai quali i canali dovevano per legge consacrare i tre quarti dei loro investimenti totali. Questo sarebbe stato un modello da seguire per gli altri tre canali (“câble”, satellite e Canal+). Fino a questa data era sufficiente, per attenersi ai criteri di indipendenza, che i produttori delegati non avessero dei legami con il canale televisivo su cui il film sarebbe stato trasmesso. Tuttavia la legislazione ha giudicato queste misure non più adatte a garantire l’esistenza di una produzione artisticamente libera, visto il contesto attuale di estrema concentrazione di finanziamenti nel cinema francese. Le più rigide normative attuate dopo il 9 luglio, accettate dai canali in chiaro, hanno invece visto l’opposizione di Canal+, tanto che l’UPF (il sindacato dei maggiori produttori francesi) ha scritto, attraverso il suo direttore Alain Terzian, a David Kessler (direttore del Centro Nazionale di Cinematografia) con il fine di ottenere un assottigliamento della regolamentazione specificatamente per Canal+. Il governo ha ceduto e il decreto è stato modificato, appunto, in dicembre. L’effetto è stato quello di rendere più morbida la clausola di dipendenza finanziaria, ma soprattutto, la risonanza mediatica che è del fatto ha avuto il merito di attirare l’attenzione sui pericoli che minacciano il cinema indipendente.

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Un cast spaventosamente autoctono, d’eccezione, e, soprattutto, completamente al femminile, recita un omicidio in 8 FEMMES, ultima pellicola dell’eclettico François Ozon. Tutto nel film, dalla scelta dei costumi ai colori dell’arredamento, è funzionale al carattere e alle particolarità di ogni singola “poupée” delle sembianze di Catherine Deneuve, Emmanuelle Béart, Fanny Ardant, Isabelle Huppert e Virginie Ledoyen. La sceneggiatura è tratta da una pièce scritta negli anni ’60 da un certo Robert Thomas, e mette in scena un Cluedo cinefilo, interamente girato in uno studio di 400 m/q adibito a grande casa borghese.
“Sulle convenzioni proprie dello psicodramma familiare, Ozon aggiunge una buona dose d’emozione e citazione cinefila, ma alla fine il sorriso si blocca, la risata si incrina e l’euforia iniziale si tinge di malinconia infinita” (Les Inroks). “François Ozon ha realizzato la pellicola più deliberatamente “meta” del cinema francese, dove la varietà e le citazioni si cristallizzano nelle figure femminili: otto attrici, otto frammenti di memoria cinematografica. […] 8 FEMMES è un film totalmente regressivo, l’opera di un cineasta e del suo desiderio, quello totalmente infantile e capriccioso di continuare a giocare con le sue bambole, per amarle e, insieme, martirizzarle”. (Libèration)
Oltre alle assassine di Ozon, le novità questa settimana provengono principalmente dall’America con OCEAN’S ELEVEN (“Che altro non è che un elogio della faciloneria”, Libèration); DARK SUMMER di Gregory Marquette, pellicola fragile e melanconica che filma un viaggio al termine della notte di un ragazzo e le sue sorelle attraverso il Dakota deserto e spettrale; ed il canadese ATANARJUAT, LA LEGENDE DE L’HOMME RAPIDE, primo “northern” (western de l’Artico) che racconta la lotta tra due pretendenti per l’amore di una donna, 80 anni dopo “Nanouk”.
La retrospettiva integrale che il Centre Pompidou dedica a BRIAN DE PALMA, rappresenta l’occasione, oltre che per rivedere i suoi maggiori successi (BODY DOUBLE, CARRIE, L’IMPASSE), soprattutto per scoprire documenti inediti qui in Francia, come dei rari cortometraggi (il documentario THE RESPONSIVE EYES, ’66, la fiction WOTAN’S WAKE ’62, o DANCING IN THE DARK, clip realizzato per l’omonima canzone di Bruce Springsteen nel 1986) o ancora i suoi primi lungometraggi, tra cui THE WEDDING PARTY (1963) che ha visto debuttare Robert De Niro.

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