Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina 18 – "Padre nuestro", di Cristopher Zalla (fuori concorso)

Padre nuestroPadre nuestro, il film d’apertura di questa edizione del Festival, racconta una comune storia di immigrazione tra Messico e Stati Uniti. Opera prima di Cristopher Zalla che con il suo stile personalissimo ci offre un film pervaso da un pessimismo che non concede vie di redenzione e racconta di pezzi di vita soffocati da un congenito furore.

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Padre nuestroLa serata d’apertura del Festival è demandata ad un’opera prima di questo regista nato in Kenya e la cui vita è stata divisa tra passione per il cinema, con un diploma, con lode, conseguito alla Columbia University e il lavoro di pescatore di salmoni in Alaska. Padre nuestro già premiato al Sundance è, per l’appunto, il suo film d’esordio. Film rabbioso e concitato, in cui le immagini quasi si sovrappongono le une alle altre in un crescendo per il dominio di una verità che emerge dai primi piani ravvicinati e dall’ansia narrativa che si trasferisce sui personaggi.

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Una comune storia di immigrazione tra Messico e Stati Uniti, il cui confine viene illegalmente attraversato da un ragazzo che cerca il padre che non ha mai conosciuto. Porta con sé, come unica prova per essere riconosciuto, una lettera, ma gli viene rubata e qui la sua vicenda si complica attraversando con quest’angoscia le prove che un mondo violento e impietoso dissemina sul suo cammino.

È proprio questa la prospettiva attraverso la quale Zalla entra, con la forza della sua visione, con il suo stile personalissimo, nonostante l’esordio, nella vita del giovane protagonista, a costituire uno dei momenti di maggiore interesse del film. Proprio questa profondità di sguardo permette a Zalla di definire un quadro ben più complesso del mondo in cui la storia si dipana. Cosicché il film, nella sua positiva ambivalenza, ci racconta la vicenda personale del protagonista, ma soprattutto esterna, con tutta la possibile controllata carica emotiva, il grado di corruzione e violenza che Pedro è costretto ad affrontare. Con queste premesse il film non offre spazi di possibile speranza, interstizi in cui inserire una possibile via d’uscita, tutto, perfino i sentimenti, sono indelebilmente macchiati da questa lucida violenza che sopravvive sempre e comunque. Pervaso da un pessimismo che non concede vie di redenzione, strade per una possibile rinascita, livido nel colore e sporco nelle immagini Padre nuestro mostra, nel susseguirsi dei suoi piani ravvicinati, il dolore del distacco, la necessità di una paternità non soltanto familiare quanto, piuttosto, sociale, smarrita e ora di nuovo desiderata. Non sembra esserci più posto per i sogni, per l’amore, ma solo pezzi di vita soffocati da un congenito furore distruttivo che estremizza l’emarginazione dei diseredati, svuotando di qualsiasi altro desiderio le loro vite che non sia la loro stessa sopravvivenza. Padre nuestro, così diventa non solo il titolo di un film, ma un ennesimo grido d’allarme e un’invocazione di aiuto che ha il sapore della preghiera.

 

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